Comune di Gavello
Gavello
Piazza XX Settembre, 3 - 45010 - Gavello (RO)
Veneto
tel: 0425 778020 fax: 0425 778452
e-mail: gavello@comune.gavello.ro.it
pec: protocollogavello@pcert.postecert.it
web: www.comune.gavello.ro.it
Storia
Di origini incerte le prime tracce di Gavello si trovano legate ad Attila ed agli Unni
Strabone che fu il più grande geografo dell’antichità, vissuto fra il 60 a.C. e il 14 dell’era volgare e Plinio il Vecchio che visse fra il 23 e il 79 della stessa era, non esitarono ad affermare che l’antica valle padana, man mano che il mare si ritirava, rimaneva una vasta palude, soggetta sempre al flusso e riflusso del medesimo e le varie città collocate sul litorale adriatico apparivano sopra alture e isolette circondate dalle acque. Le acque del mare bagnavano Cavarzere, Loreo, Adria, Gavello, Ariano e, più in giù, oltre Ravenna, anche Butrio, Saga e Spina.
L’intera valle padana che si estendeva dall’Adriatico fino agli Appennini e alle Prealpi, in tempi preistorici fu un prolungamento del mare Adriatico. I crostacei chiusi nel fango o sabbia marina alle falde dei colli subalpini e subappennini, provano fin dove si estendeva il mare. Le acque dell’Adriatico nel corso dei secoli lentamente si ritirarono e i depositi alluvionali, scendendo a varie riprese dalle catene degli Appennini, colmarono tanti bassifondi di questa grande laguna che si disse poi padana perché divisa dalle Alpi al mare dal Padus o Po.
In qualunque luogo si compiano scavi, trovasi un fondo del tutto marino, frammisto a ghiaia, ciottoli, sabbia e tritumi di monti circostanti o lontani. Queste sostanze tanto più si osservano polverizzate quanto più furono rotolate dalle grandi correnti alluvionali. Credo, valutando quanto è avvenuto per gli altri luoghi d’Italia, che Gavello sia sorta come estremo lembo di Adria antica, senz’altro un po’ più tardi col ritirarsi delle acque e naturale conseguenza dell’estendersi di Adria stessa. Di quanto affermato ne sono prova i vasi etruschi dipinti trovati ed il nome di etimologia abbastanza incerta.
La presenza di quelle figurine è motivo di deduzione che Gavello in tempi antichissimi sia stato un sobborgo di Adria anche perché nessuno degli antichi che scrissero delle paludi adriane cita un luogo chiamato Gavello. La più antica memoria che lo faccia supporre una particolare comunità risale, all’epoca della discesa di Attila in Italia nel 452 d.C. mentre in occidente imperava Valentiniano terzo Augusto.
Esisteva in Gavello, presso il Sig. Roccato Luigi, una iscrizione che diceva "Nel tempo che reggeva questa Parrocchia il benemerito Sig. Don Giovanni Giuliniati (1702-1755) in corte della canonica si trova una pietra di cotto con la seguente iscrizione in caratteri gotici "Gabellenses furent Atile timentes comune tesaurum ses pedes altius condidere" (I Gavellesi per timore di Attila hanno nascosto il loro tesoro profondo sei piedi)". Questa sembra essere la prima indicazione di Gavello come comunità propria staccata di Adria, altrimenti risulterebbe strano che gli scrittori Greci e Latini non l’avessero mai notata, dal momento che in essa sono stati trovati sepolcri, urne cinerarie, medaglie, idoli, pavimenti lavorati a mosaico di fattura romana e anteriore. L’ottima posizione di Gavello antica era data anche da una diramazione della via Popilia che, staccatasi dalla stessa presso Adria, doveva ricongiungersi alla via Emilia Altinate.
La Commissione provinciale di Rovigo - conservazione dei monumenti ecc.. verbalizza il 17 aprile 1878 la scoperta nel fondo Dossi in comune di Gavello, proprietà del fu Cav. Gobatti di Rovigo, di ruderi di una strada secondaria, in ciotoli, orientati da ovest verso est. Quando l’Abbazia di Gavello venne soppressa (1425) tutte le memorie che si trovavano in essa, alcune delle quali scritte forse quattro o cinque secoli avanti la rotta di Ficarolo, furono trasportate al Monastero di S. Benigno di Genova, dove rimasero dimenticate finchè non le trasse alla luce (anno 1643) il Papebrocchio all’atto di comporre la vita del Santo Monaco Beda, morto l’anno 883 nella Abbazia di Santa Maria di Gavello.
Pertanto, date le autorevoli fonti dalle quali attinse, possiamo credere che in tempi imprecisabili esisteva un fiume di nome Gavello. Il territorio Gavellese era solcato anche dal Tartaro che nasceva dalle valli veronesi e correva inferiormente a un di presso del Canalbianco moderno. Il Bocchi, a proposito della bolla di Papa marino II scrive "Il primo luogo che troviamo nominato verso ponente (rispetto ad Adria) è Massam Gavello che pare veramente dovesse trovarsi al di là (cioè a mezzogiorno) del Tartaro, ma forse col suo territorio a cavaliere del medesimo".
Strabone che fu il più grande geografo dell’antichità, vissuto fra il 60 a.C. e il 14 dell’era volgare e Plinio il Vecchio che visse fra il 23 e il 79 della stessa era, non esitarono ad affermare che l’antica valle padana, man mano che il mare si ritirava, rimaneva una vasta palude, soggetta sempre al flusso e riflusso del medesimo e le varie città collocate sul litorale adriatico apparivano sopra alture e isolette circondate dalle acque. Le acque del mare bagnavano Cavarzere, Loreo, Adria, Gavello, Ariano e, più in giù, oltre Ravenna, anche Butrio, Saga e Spina.
L’intera valle padana che si estendeva dall’Adriatico fino agli Appennini e alle Prealpi, in tempi preistorici fu un prolungamento del mare Adriatico. I crostacei chiusi nel fango o sabbia marina alle falde dei colli subalpini e subappennini, provano fin dove si estendeva il mare. Le acque dell’Adriatico nel corso dei secoli lentamente si ritirarono e i depositi alluvionali, scendendo a varie riprese dalle catene degli Appennini, colmarono tanti bassifondi di questa grande laguna che si disse poi padana perché divisa dalle Alpi al mare dal Padus o Po.
In qualunque luogo si compiano scavi, trovasi un fondo del tutto marino, frammisto a ghiaia, ciottoli, sabbia e tritumi di monti circostanti o lontani. Queste sostanze tanto più si osservano polverizzate quanto più furono rotolate dalle grandi correnti alluvionali. Credo, valutando quanto è avvenuto per gli altri luoghi d’Italia, che Gavello sia sorta come estremo lembo di Adria antica, senz’altro un po’ più tardi col ritirarsi delle acque e naturale conseguenza dell’estendersi di Adria stessa. Di quanto affermato ne sono prova i vasi etruschi dipinti trovati ed il nome di etimologia abbastanza incerta.
La presenza di quelle figurine è motivo di deduzione che Gavello in tempi antichissimi sia stato un sobborgo di Adria anche perché nessuno degli antichi che scrissero delle paludi adriane cita un luogo chiamato Gavello. La più antica memoria che lo faccia supporre una particolare comunità risale, all’epoca della discesa di Attila in Italia nel 452 d.C. mentre in occidente imperava Valentiniano terzo Augusto.
Esisteva in Gavello, presso il Sig. Roccato Luigi, una iscrizione che diceva "Nel tempo che reggeva questa Parrocchia il benemerito Sig. Don Giovanni Giuliniati (1702-1755) in corte della canonica si trova una pietra di cotto con la seguente iscrizione in caratteri gotici "Gabellenses furent Atile timentes comune tesaurum ses pedes altius condidere" (I Gavellesi per timore di Attila hanno nascosto il loro tesoro profondo sei piedi)". Questa sembra essere la prima indicazione di Gavello come comunità propria staccata di Adria, altrimenti risulterebbe strano che gli scrittori Greci e Latini non l’avessero mai notata, dal momento che in essa sono stati trovati sepolcri, urne cinerarie, medaglie, idoli, pavimenti lavorati a mosaico di fattura romana e anteriore. L’ottima posizione di Gavello antica era data anche da una diramazione della via Popilia che, staccatasi dalla stessa presso Adria, doveva ricongiungersi alla via Emilia Altinate.
La Commissione provinciale di Rovigo - conservazione dei monumenti ecc.. verbalizza il 17 aprile 1878 la scoperta nel fondo Dossi in comune di Gavello, proprietà del fu Cav. Gobatti di Rovigo, di ruderi di una strada secondaria, in ciotoli, orientati da ovest verso est. Quando l’Abbazia di Gavello venne soppressa (1425) tutte le memorie che si trovavano in essa, alcune delle quali scritte forse quattro o cinque secoli avanti la rotta di Ficarolo, furono trasportate al Monastero di S. Benigno di Genova, dove rimasero dimenticate finchè non le trasse alla luce (anno 1643) il Papebrocchio all’atto di comporre la vita del Santo Monaco Beda, morto l’anno 883 nella Abbazia di Santa Maria di Gavello.
Pertanto, date le autorevoli fonti dalle quali attinse, possiamo credere che in tempi imprecisabili esisteva un fiume di nome Gavello. Il territorio Gavellese era solcato anche dal Tartaro che nasceva dalle valli veronesi e correva inferiormente a un di presso del Canalbianco moderno. Il Bocchi, a proposito della bolla di Papa marino II scrive "Il primo luogo che troviamo nominato verso ponente (rispetto ad Adria) è Massam Gavello che pare veramente dovesse trovarsi al di là (cioè a mezzogiorno) del Tartaro, ma forse col suo territorio a cavaliere del medesimo".