Comune di Porto Tolle
Porto Tolle
Piazza Ciceruacchio 9 - 45018 - Porto Tolle (RO)
Veneto
tel: 0426 394411 fax: 0426 394475
e-mail: portotol@comune.portotolle.ro.it
pec: affarigenerali@cert.comune.portotolle.ro.it
web: www.comune.portotolle.ro.it
Storia
Porto Tolle è il Comune più estremo del Delta, racchiuso tra i rami del Po di Maistra e del Po di Gnocca e tagliato quasi a metà dal Po di Venezia. Questi rami determinano di fatto tre isole: l'isola di Cà Venier , l'isola della Donzella e l'isola di Polesine Camerini.
Il panorama storico del Comune di Porto Tolle è quanto mai carente poiché si tratta di un territorio recentissimo, formato da depositi alluvionali portati dal fiume Po, che veniva anche definito "un dono della Serenissima Repubblica veneziana ai polesani".
Prima di affrontare la storia del Comune occorre soffermarci, seppur brevemente, sull'evoluzione che ha subito il Po ed il suo delta.
Il Po era, nell'età del bronzo, diviso in due rami, quello settentrionale attraversava il Polesine e su di esso nacque la civiltà Frattesina con, alla sua foce, il porto commerciale di Adria. In epoca romana questo ramo del Po non esisteva più e per un migliaio di anni la linea di costa polesana rimase così pressoché immutata. Questo permise la formazione di un cordone di dune di cui resta oggi traccia nelle vicinanze della strada statale denominata Romea.
Polo a metà del XII secolo, con la "rotta di Ficarolo", il Po prese il corso attuale, dividendosi poi nei due rami, delle Fornaci verso nord e di Goro verso sud. Questi due rami formarono, a loro volta, due piccoli delta e nel mezzo stava la Sacca di Goro. A queste metamorfosi naturali si aggiungevano interventi di bonifica non pianificati e rotte degli argini di contenimento per cause belliche. La situazione idraulica polesana era estremamente precaria ed in particolare alle foci del Po delle Fornaci o di Levante. In una zona ristretta cercavano lo sbocco in mare l'Adige, il Tartaro ed il Po, contrastandosi a vicenda ed inoltre, i detriti trasportati dal Po, rischiavano di interrare la laguna di Venezia.
Il progressivo interramento della laguna ha indotto, nel 1599, la Repubblica Veneta a progettare ed avviare il grandioso intervento conosciuto come Taglio di Porto Vi
I lavori consistenti nello scavo di un canale lungo circa sette chilometri si conclusero, dopo vicende avverse anche di origine bellica, nel 1604 con la conseguente deviazione del corso del fiume verso est, nella Sacca di Goro.
Ben presto queste acque basse e palustri furono colmate dei detriti e questi nuovi territori, in rapido avanzamento, furono attribuiti o acquistati dalle nobili famiglie veneziane e sfruttate prima per la caccia e la pesca, poi, a seguito di interventi di bonifica, per l'agricoltura. Si istallarono nel nuovo territorio le famiglie Farsetti, Tiepolo, Vernier, Vendramin, Camerini ed altre. All'epoca Porto Tolle era annesso al Comune di Loreo e non aveva l'attuale nome.
Nel 1797 con la caduta della Repubblica di Venezia, il territorio passò alla Repubblica Cisalpina con il trattato di Capoformio e con il trattato di Vienna del 1815 tornò a far parte del Veneto sotto la dominazione Austriaca che durò sino al 1866 anno in cui, tutto il Veneto, venne a far parte del Regno d'Italia.
Nel 1849 una pagina di storia drammatica a S. Nicolò (nome del territorio all'epoca). Nella notte del 10 agosto veniva fucilato Angelo Brunetti, detto "Ciceruacchio", con i due figli ed altri cinque patrioti, nella golena di Cà Tiepolo.
Garibaldi e Ciceruacchio, dopo la caduta della Repubblica Romana, tentano di raggiungere Venezia che ancora resisteva agli Austriaci. Nei pressi di Comacchio, in seguito alla morte della moglie Anita, Garibaldi lascia il gruppo per raggiungere San Marino e poi l'America del Sud. Ciceruacchio, con altri compagni ed i due figli, continua verso nord per raggiungre la città lagunare, vaga per alcuni giorni da Magnavacca al Volano, dal Volano al Bosco della Mesola, passa il Po di Goro rimane alcuni giorni sull'isola di Ariano dalla quale, attraversato il Po di Gnocca, entra nel Comune di S. Nicolò e tutto il gruppo trova ricovero in una piccola osteria di Cà Farsetti di proprietà di Fortunato Chiarelli detto "Capitin".
In questa osteria i patrioti sono arrestati da un plotone militare austriaco, sembra su delazione, e condotti al comando di Cà Tiepolo. Il comandante austriaco Luca Rokavina ordina l'immediata fucilazione di tutto il gruppo. Alla mezzanotte fra il 10 e l'11 agosto 1849 Ramorino Stefano prete di Genova, Laudadio Francesco di Narni, Parodi Lorenzo di Genova, Fraternali Gaetano di Roma, Brunetti Angelo "Ciceruacchio" di Roma, Bossi Luigi di Terni, Baccigalupi Paolo di Roma e Brunetti Lorenzo (figlio tredicenne di Angelo Brunetti), condotti sulla riva destra del Po vengono fucilati dal plotone austriaco comandato dallo stesso Rokavina e sepolti nello stesso luogo. Nel 1866, per deliberazione del Consiglio comunale di S. Nicolò, i resti dei patrioti sono composti in unica cassa e depositati nella chiesa di Cà Venier. Nel 1879, per desidero delle stesso Generale Garibaldi, i resti preziosi dei martiri di Cà Tiepolo sono tolti dall'urna di Cà Venier per unirli sul Gianicolo nell'ossario che raccoglie tutte le reliquie degli eroi caduti combattendo nell'anno 1849 alla difesa di Roma e per la libertà d'Italia.
Per effetto dell'atto sopra riportato e del susseguente Regio Decreto del 7 luglio 1867 n. 3807 - pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 04.08.1867 al Comune viene cambiato il nome da S. Nicolò a PORTO TOLLE.
Gran parte del territorio rimase a lungo poverissimo ed inospitale, paludi, acquitrini erano il regno della malaria e della anemia mediterranea. Solo grazie alla caparbietà dei primi abitanti fu recuperato e reso coltivabile in parte, cominciano così le prime coltivazioni di riso, grano e barbabietole. Ma ancora negli anni Trenta il Consiglio Provinciale dell'Economia corporativa di Rovigo dava questa descrizione fisica "Sono terre strappate recentemente alle acque ed in parte non ancora completamente sistemate. Della totale superficie di questa zona oltre un settimo è occupato da valli da pesca, oltre due settimi sono costituiti da incolto produttivo. Vi sono ancora, verso al mare pochi stagni e paludi, che danno canne ed altre erbe palustri"
Lo sviluppo del paese viene posto in relazione all'insediamento, dal 1926 a Cà Tiepolo, di uno zuccherificio con una potenzialità di circa 20.000 quintali di barbabietole trattate al giorno. Il centro ne risente positivamente e vengono costruite case per gli operai e gli impiegati, un asilo, la caserma per la Guardia di Finanza e successivamente due villaggi per i dipendenti dello stesso zuccherificio.
Il territorio è stato caratterizzato da un forte intervento di bonifiche, che dal XVII secolo e sino agli anni '60 ne ha cambiato radicalmente l'aspetto originario. Con la riforma agraria dei primi anni '50 e la distribuzione delle terre ai contadini, l'estrazione del metano dal sottosuolo, la pesca, la popolazione arriva alle 21.000 unità.
Queste costruzioni, risalenti all'inizio degli anni '30, sono disposte lungo la strada e costituiscono un "villaggio", il primo interamente in muratura di questo estremo lembo di terra strappato alle valli. Sono casette bifamiliari con cucina e camera da letto; tipico il grande camino sporgente "dado" alla sommità. Vi abitavano agricoli e pescatori.)
Con l'alluvione del 1951 e la successiva del 4 novembre 1966, che sommerse quasi interamente l'isola della Donzella, la proprietà terriera dipendente dalla riforma agraria non sufficientemente grande che non garantiva adeguato reddito, lo sfruttamento del metano causa di un progressivo abbassamento irreversibile del terreno, la risalita del cuneo salino che rovinava i raccolti sono i principali fattori che portano alla emigrazione della popolazione verso i poli industriali del Piemonte e della Lombardia. Già nel 1961 la popolazione con circa 14.000 abitanti e nel 1989 scende a 11.000.
La proibizione dell'estrazione del metano ed il consolidamento ed innalzamento degli argini di protezione sia fluviale che marittimo riportano in regime di sicurezza il territorio comunale ed un nuovo impulso all'economia della zona viene data, nel 1970, dalla costruzione della centrale termoelettrica dell'ENEL in Polesine Camerini, centrale che, entrata in produzione nel 1982, con i suoi quattro gruppi è considerata una delle maggiori, se non la maggiore, d'Italia.
Degli anni '80 si assiste ad un ulteriore sviluppo economico conseguenza dello sfruttamento razionale e programmato delle lagune con la raccolta delle vongole e la coltura intensiva dei mitili.
Il panorama storico del Comune di Porto Tolle è quanto mai carente poiché si tratta di un territorio recentissimo, formato da depositi alluvionali portati dal fiume Po, che veniva anche definito "un dono della Serenissima Repubblica veneziana ai polesani".
Prima di affrontare la storia del Comune occorre soffermarci, seppur brevemente, sull'evoluzione che ha subito il Po ed il suo delta.
Il Po era, nell'età del bronzo, diviso in due rami, quello settentrionale attraversava il Polesine e su di esso nacque la civiltà Frattesina con, alla sua foce, il porto commerciale di Adria. In epoca romana questo ramo del Po non esisteva più e per un migliaio di anni la linea di costa polesana rimase così pressoché immutata. Questo permise la formazione di un cordone di dune di cui resta oggi traccia nelle vicinanze della strada statale denominata Romea.
Polo a metà del XII secolo, con la "rotta di Ficarolo", il Po prese il corso attuale, dividendosi poi nei due rami, delle Fornaci verso nord e di Goro verso sud. Questi due rami formarono, a loro volta, due piccoli delta e nel mezzo stava la Sacca di Goro. A queste metamorfosi naturali si aggiungevano interventi di bonifica non pianificati e rotte degli argini di contenimento per cause belliche. La situazione idraulica polesana era estremamente precaria ed in particolare alle foci del Po delle Fornaci o di Levante. In una zona ristretta cercavano lo sbocco in mare l'Adige, il Tartaro ed il Po, contrastandosi a vicenda ed inoltre, i detriti trasportati dal Po, rischiavano di interrare la laguna di Venezia.
Il progressivo interramento della laguna ha indotto, nel 1599, la Repubblica Veneta a progettare ed avviare il grandioso intervento conosciuto come Taglio di Porto Vi
I lavori consistenti nello scavo di un canale lungo circa sette chilometri si conclusero, dopo vicende avverse anche di origine bellica, nel 1604 con la conseguente deviazione del corso del fiume verso est, nella Sacca di Goro.
Ben presto queste acque basse e palustri furono colmate dei detriti e questi nuovi territori, in rapido avanzamento, furono attribuiti o acquistati dalle nobili famiglie veneziane e sfruttate prima per la caccia e la pesca, poi, a seguito di interventi di bonifica, per l'agricoltura. Si istallarono nel nuovo territorio le famiglie Farsetti, Tiepolo, Vernier, Vendramin, Camerini ed altre. All'epoca Porto Tolle era annesso al Comune di Loreo e non aveva l'attuale nome.
Nel 1797 con la caduta della Repubblica di Venezia, il territorio passò alla Repubblica Cisalpina con il trattato di Capoformio e con il trattato di Vienna del 1815 tornò a far parte del Veneto sotto la dominazione Austriaca che durò sino al 1866 anno in cui, tutto il Veneto, venne a far parte del Regno d'Italia.
Nel 1849 una pagina di storia drammatica a S. Nicolò (nome del territorio all'epoca). Nella notte del 10 agosto veniva fucilato Angelo Brunetti, detto "Ciceruacchio", con i due figli ed altri cinque patrioti, nella golena di Cà Tiepolo.
Garibaldi e Ciceruacchio, dopo la caduta della Repubblica Romana, tentano di raggiungere Venezia che ancora resisteva agli Austriaci. Nei pressi di Comacchio, in seguito alla morte della moglie Anita, Garibaldi lascia il gruppo per raggiungere San Marino e poi l'America del Sud. Ciceruacchio, con altri compagni ed i due figli, continua verso nord per raggiungre la città lagunare, vaga per alcuni giorni da Magnavacca al Volano, dal Volano al Bosco della Mesola, passa il Po di Goro rimane alcuni giorni sull'isola di Ariano dalla quale, attraversato il Po di Gnocca, entra nel Comune di S. Nicolò e tutto il gruppo trova ricovero in una piccola osteria di Cà Farsetti di proprietà di Fortunato Chiarelli detto "Capitin".
In questa osteria i patrioti sono arrestati da un plotone militare austriaco, sembra su delazione, e condotti al comando di Cà Tiepolo. Il comandante austriaco Luca Rokavina ordina l'immediata fucilazione di tutto il gruppo. Alla mezzanotte fra il 10 e l'11 agosto 1849 Ramorino Stefano prete di Genova, Laudadio Francesco di Narni, Parodi Lorenzo di Genova, Fraternali Gaetano di Roma, Brunetti Angelo "Ciceruacchio" di Roma, Bossi Luigi di Terni, Baccigalupi Paolo di Roma e Brunetti Lorenzo (figlio tredicenne di Angelo Brunetti), condotti sulla riva destra del Po vengono fucilati dal plotone austriaco comandato dallo stesso Rokavina e sepolti nello stesso luogo. Nel 1866, per deliberazione del Consiglio comunale di S. Nicolò, i resti dei patrioti sono composti in unica cassa e depositati nella chiesa di Cà Venier. Nel 1879, per desidero delle stesso Generale Garibaldi, i resti preziosi dei martiri di Cà Tiepolo sono tolti dall'urna di Cà Venier per unirli sul Gianicolo nell'ossario che raccoglie tutte le reliquie degli eroi caduti combattendo nell'anno 1849 alla difesa di Roma e per la libertà d'Italia.
Per effetto dell'atto sopra riportato e del susseguente Regio Decreto del 7 luglio 1867 n. 3807 - pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 04.08.1867 al Comune viene cambiato il nome da S. Nicolò a PORTO TOLLE.
Gran parte del territorio rimase a lungo poverissimo ed inospitale, paludi, acquitrini erano il regno della malaria e della anemia mediterranea. Solo grazie alla caparbietà dei primi abitanti fu recuperato e reso coltivabile in parte, cominciano così le prime coltivazioni di riso, grano e barbabietole. Ma ancora negli anni Trenta il Consiglio Provinciale dell'Economia corporativa di Rovigo dava questa descrizione fisica "Sono terre strappate recentemente alle acque ed in parte non ancora completamente sistemate. Della totale superficie di questa zona oltre un settimo è occupato da valli da pesca, oltre due settimi sono costituiti da incolto produttivo. Vi sono ancora, verso al mare pochi stagni e paludi, che danno canne ed altre erbe palustri"
Lo sviluppo del paese viene posto in relazione all'insediamento, dal 1926 a Cà Tiepolo, di uno zuccherificio con una potenzialità di circa 20.000 quintali di barbabietole trattate al giorno. Il centro ne risente positivamente e vengono costruite case per gli operai e gli impiegati, un asilo, la caserma per la Guardia di Finanza e successivamente due villaggi per i dipendenti dello stesso zuccherificio.
Il territorio è stato caratterizzato da un forte intervento di bonifiche, che dal XVII secolo e sino agli anni '60 ne ha cambiato radicalmente l'aspetto originario. Con la riforma agraria dei primi anni '50 e la distribuzione delle terre ai contadini, l'estrazione del metano dal sottosuolo, la pesca, la popolazione arriva alle 21.000 unità.
Queste costruzioni, risalenti all'inizio degli anni '30, sono disposte lungo la strada e costituiscono un "villaggio", il primo interamente in muratura di questo estremo lembo di terra strappato alle valli. Sono casette bifamiliari con cucina e camera da letto; tipico il grande camino sporgente "dado" alla sommità. Vi abitavano agricoli e pescatori.)
Con l'alluvione del 1951 e la successiva del 4 novembre 1966, che sommerse quasi interamente l'isola della Donzella, la proprietà terriera dipendente dalla riforma agraria non sufficientemente grande che non garantiva adeguato reddito, lo sfruttamento del metano causa di un progressivo abbassamento irreversibile del terreno, la risalita del cuneo salino che rovinava i raccolti sono i principali fattori che portano alla emigrazione della popolazione verso i poli industriali del Piemonte e della Lombardia. Già nel 1961 la popolazione con circa 14.000 abitanti e nel 1989 scende a 11.000.
La proibizione dell'estrazione del metano ed il consolidamento ed innalzamento degli argini di protezione sia fluviale che marittimo riportano in regime di sicurezza il territorio comunale ed un nuovo impulso all'economia della zona viene data, nel 1970, dalla costruzione della centrale termoelettrica dell'ENEL in Polesine Camerini, centrale che, entrata in produzione nel 1982, con i suoi quattro gruppi è considerata una delle maggiori, se non la maggiore, d'Italia.
Degli anni '80 si assiste ad un ulteriore sviluppo economico conseguenza dello sfruttamento razionale e programmato delle lagune con la raccolta delle vongole e la coltura intensiva dei mitili.