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Comune di Fonte

Fonte

Via Montegrappa, 17 - 31010 - Fonte (TV)
Veneto

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Storia

 
 
 
La Repubblica Veneta, nell'attuare la sua politica di espansione in terraferma, dopo la perdita di molte città e possedimenti d'Oltremare, nel 1339 occupò tutta la "Marca Trevigiana". La Serenissima riorganizzò amministrativamente tutti i suoi nuovi territori e assegnò Fonte alla podesteria di Asolo. Il dominio di Venezia portò in questi territori un lungo periodo di pace e un relativo benessere, interrotto solo nel 1509 dalla guerra sostenuta dalla Repubblica Veneta contro i collegati della Lega di Cambrai. Nel 1797, quando la potenza di Venezia era già in declino, Napoleone Bonaparte, alla fine della sua prima campagna d'Italia, pose fine alla gloriosa Repubblica con il Trattato di Campoformido. Seguirono anni in cui le occupazioni francesi ed austriache si alternarono, finché nel 1815, dopo la pace di Vienna, tutto il Veneto venne assegnato agli Asburgo che lo inglobarono nel regno Lombardo-Veneto. Il dominio austriaco durò fino al 1866, quando anche la popolazione di Fonte, alla fine della terza guerra per l'indipendenza italiana, aderì plebiscitariamente al regno d'Italia di Vittorio Emanuele II e da allora la sua storia si fuse con quella di tutta la Nazione.
Queste per sommi capi le vicende che legano il comune di Fonte alla grande storia, quella con la "S" maiuscola, ma però ve n'è un'altra, quella scritta dalla sua gente, che ci viene raccontata dai suoi edifici sacri e dalle dimore patrizie edificate sul suo territorio. Infatti di notevole interesse storico ed architettonico sono, oltre alla sua chiesa parrocchiale con il suo svettante campanile, anche molte ville costruite dalle nobili famiglie e dai ricchi mercanti di Venezia. Fra queste ultime è da segnalare, a Onè, Villa Nervo, ora sede municipale del Comune di Fonte. È un edificio del Sei-Settecento, posto sulla strada per Crespano, che sulla facciata principale, al primo piano, presenta tre fori ad arco, con poggiolo in pietra al centro, e un frontone rialzato, sovrastato da tre pigne decorative.
A Onè si trova anche Villa Rinaldi, una costruzione a due piani, posta sulla collina, che non presenta molti elementi i grande interesse architettonico, ma che nel suo insieme è molto armoniosa. Al piano terra, per tutta la lunghezza della costruzione, corre un elegante porticato. La sua facciata, al piano superiore, presenta una trifora ad archi tondi, di cui il solo foro centrale è parzialmente aperto, e un leggero poggiolo in ferro; tutte le altre finestre sono rettangolari e ben spaziate. È ora abitazione rurale, che nel suo interno conserva ancora un bel camino in pietra rossa ed un solenne scalone in pietra sovrastato da un imponente soffitto a botte.
A Farra di Fonte possiamo ammirare Villa Pasini, costruita verso il 1600. È un edificio a tre piani, la cui facciata, al piano terreno, è dominata da un grande arco d'ingresso a grossi conci di pietra bugnata, su cui è posto, in chiave, lo stemma della famiglia. La facciata presenta, ai piani superiori, due grandi trifore sovrapposte e poggioli in pietra, la seconda delle quali supera il livello del tetto e forma un basso timpano; vicino alla villa vi è una chiesetta molto semplice, una barchessa e una scuderia.
In comune di Fonte si trova anche la Villa Persicini, costruita verso il 1800 dai conti Fietta. È di stile rustico e non ha grande valore artistico, essendo stata recentemente modificata la struttura originaria e le sue adiacenze adibite ad uso colonico, tuttavia merita essere ricordata perché ospitò Vittorio Emanuele III, re d'Italia.
Nel 568, in una drammatica situazione di sfascio e di abbandono, calarono in Italia i Longobardi guidati dal loro re Alboino. Questo popolo, dopo aver conquistato il Friuli e occupato tutto il Veneto, la Lombardia e presa Milano, si stanziarono anche nell'Asolano, ne compresero l'importanza della sua posizione strategica e costruirono una fascia fortificata per proteggerla. L'invasione dei Longobardi era stata scarsamente ostacolata dalle popolazioni locali e dagli stessi Bizantini, che allora dominavano queste contrade, perché l'avevano considerata temporanea come quella di altri popoli che li avevano preceduti. Era invece tutto un popolo che calava sulle nostre contrade, un popolo feroce e guerriero e come tale aveva saputo scegliere tutti quei luoghi, certamente già noti ai Romani e ai Goti, che potevano rappresentare punti strategici per il possesso e la difesa della zona, capaci di proteggere validamente le loro conquiste. Fra questi punti di notevole importanza strategica era certamente la "Farra di Fonte", il cui toponimo è di sicura origine longobarda, legata alla loro organizzazione militare. Il territorio di questa "Fara", come da loro era chiamata, si stendeva, secondo il Comacchio, fra gli attuali comuni di Paderno del Grappa, di Castelcucco e lungo tutta la fascia pedemontana. Qui avevano attuato e sviluppato le loro fortificazioni, comunicanti tra loro mediante segnali di fumo, di giorno, e con l'accensione di grandi falò, durante la notte, per segnalare tempestivamente, come i Romani, ogni minaccia portata loro dai popoli provenienti da al di là delle Alpi.
Molte sono le testimonianze che confermano la presenza longobarda in quest'area, fra cui, la più importante, è quella del ritrovamento a Castelcucco, nei pressi del suo Municipio, di tombe ad inumazione e del loro interessante corredo funebre. Altro segno della presenza di questo popolo nell'Asolano, come afferma il Fasoli, è la dedicazione di una chiesa a San Martino. E il santo guerriero maggiormente venerato dai Longobardi, il cui culto si accompagna sempre ai toponimi che da loro traggono origine e che sono situati lungo la fascia pedemontana tra il fiume Astico, in provincia di Vicenza, ed il Piave.
Il dominio dei Longobardi, anche su questi territori, durò quasi due secoli e precisamente fino all'arrivo in Italia di Carlo Magno, che, chiamato da papa Adriano I, li sconfisse nel 776 e divenne signore dei loro possedimenti. I Franchi di Carlo conquistarono anche tutto il Trevigiano, quindi pure Fonte ed Asolo, e lo inglobarono nella "Marca Veronese". Il Comitato di Treviso divenne ben presto molto importante e pur non essendo un marchesato assunse il nome di "Marca Trevigiana", titolo che mantenne a lungo in molti documenti.
Scarse sono le notizie di Fonte in questo periodo, finche il suo nome viene citato nel 1009 in una lettera dell'imperatore Enrico, in cui, come scrive il Bonifacio, egli dona a Gerardo Maltraversi, suo cavaliere, i castelli di Pagnano e di Fonte posti nell'Asolano. Quest'ultimo maniero sarà ricordato più volte nella storia, perché al centro di molte vicende belliche, fra le quali quella del 1153, durante la ribellione di Conegliano contro Treviso. Il Maltraversi, in questa occasione, sospettato di intese con i Coneglianesi si rinchiuse in questo castello per difendersi, ma dopo un lungo assedio si dovette arrendere e, fatto prigioniero, subì la confisca di tutti i beni. Il casato dei Maltraversi riebbe più tardi i suoi possedimenti, ma limitatamente a quelli di Fonte, perché i rimanenti, come lo conferma una Bolla di papa Alessandro III del 1171, passarono sotto la giurisdizione del Vescovo e del Capitolo di Treviso.
In seguito, per motivi molto ingarbugliati e non perfettamente chiari, il castello di Fonte passò alla nobile famiglia dei Camposampiero, alleata dei Padovani, finché Ezzelino III da Romano, sceso in guerra contro Padova, nel 1229 lo conquistò. Assalito dai Padovani nel 1234 e dai Trevigiani nel 1260, dopo la fine della potente famiglia dei da Romano, questa roccaforte divenne proprietà dei Castelli, la nobile famiglia trevigiana scesa poi in lotta contro i Da Camino per la supremazia sulla città di Treviso. Il maniero, espugnato nel 1383 dai Caminesi, subiva gravi danni e lentamente perdeva la sua importanza strategica. Tuttavia Fonte manteneva ancora la supremazia sui villaggi circostanti come "caput plebis", cioè era sede di un istituto civile-amministrativo che estendeva la sua giurisdizione su molte "regule", allora esistenti nell'ambito territoriale degli attuali vicini comuni, e penetrava in profondità nel massiccio del monte Grappa.
In quel periodo Fonte fu importante ecclesiasticamente anche come pieve, con giurisdizione dell'Astego al Muson, da Santa Margherita di Pagnano a Sant'Andrea di Fietta, e la sua popolazione, come risulta da documenti del 1315, fu impegnata economicamente nella ricostruzione delle mura della città di Treviso.
Notizie precise riguardanti l'attuale territorio del comune di Fonte si hanno tuttavia solo a partire dalla presenza qui di Roma. Lo attestano anche i toponimi di Fonte e di Onè, che l'Olivieri fa rispettivamente derivare dalla presenza di diverse sorgenti e dalla rigogliosa crescita qui, nella foresta allora esistente, della pianta detta in latino "alnus", in italiano "ontano" e "ornèr" in dialetto veneto.
In quel tempo il territorio dell'attuale comune di Fonte apparteneva sicuramente alla centuriazione del "municipium" di Asolo, la romana "Acelum", e ciò è confermato dalla rete stradale appartenente a quel grande disegno agrario, tuttora abbastanza ben individuabile, e dai numerosi ritrovamenti archeologici risalenti a quell'epoca. Il più interessante di questi, come ci viene confermato dal Furlani, è quello di una pietra trovata in località "Signoria": la famosa "Lapide di Velleio", ora conservata nel Museo Civico di Asolo. In questa stele funeraria, sopra l'effige a mezzo busto del defunto, che in origine era affiancata da quella di sua moglie, purtroppo ora mancante, è scolpita l'iscrizione "VELLEIUS T.F. FABI SIBI ET M.V.", che alcuni hanno interpretato come la conferma dell'assegnazione di Asolo alla tribù Fabia. Però consultando il libro "Storia della cultura veneta", edita dalla Neri Pozza nel 1976, il prof. Luciano Bosio, docente di Topografia dell'Italia antica nell'Università di Padova, nel capitolo che tratta "La X Regio e la divisione amministrativa" ascrive Asolo alla tribù Claudia come "Tarvisium" (Treviso), concordando in ciò con F. Sartori.
Altri e importanti sono i ritrovamenti avvenuti in quest'area e risalenti all'epoca romana, fra i quali l'iscrizione funeraria di Tito Firmino ("T. FIRMUS T.F. TARVISANUS SIBI ET SUIS"), scoperta dal noto archeologo De Bon e da questi attentamente studiata e giudicata di grande interesse; il "cippo funerario di Manio Nevidio Faino", rinvenuto dall'abate Fusinari verso il 1878 e che lo storico Luigi Camavitto, studiandone le vicende, afferma provenire dalle rovine del castello di Fonte, distrutto dai Trevigiani nel 1260, alla fine delle lotte che portarono alla eliminazione cruenta della potente famiglia degli Ezzelini. Di altre importanti scoperte, appartenenti sempre all'epoca romana, ci parla anche l'archeologo Boccazzi, fra le quali cita il rinvenimento di fondazioni, di embrici e di un sepolcreto, individuato in località Breda, dove sono state trovate, oltre a interessanti corredi funerari, anche armille di bronzo.
Tutto questo ci fa pensare che molti Romani abbiano voluto edificare le proprie abitazioni qui, nel territorio dell'attuale comune di Fonte, per la sua vicinanza al "municipium" di Asolo, oltre che per la sua salubrità e le sue bellezze naturali.
L'importanza dell'Asolano, e quindi anche di Fonte, aumentò dopo che i Romani costruirono la "via Aurelia", che, collegandolo a Padova, la romana "Patavium", ne favorì lo sviluppo economico. Infatti di qui, lungo questa strada, transitavano tutti i traffici commerciali asolani, specialmente quello della lana, diretti a Padova, il grande centro dove fioriva la lavorazione ed il commercio di questo prodotto. Di conseguenza aumentava, per la sua posizione geografica e strategica, anche l'importanza militare dell'intera area asolana, così che i Romani decidevano di fortificarla e di inserirla nelle grandi opere di difesa del territorio per prevenire e contenere le eventuali incursioni di popoli provenienti da al di là delle Alpi.
Queste fortificazioni, in seguito alla decadenza e alla fine dell'Impero romano d'Occidente, non riuscirono tuttavia a fornire una adeguata ed efficace protezione agli abitanti di queste zone al sopraggiungere delle grandi invasioni barbariche, fra le quali, nel 452, quella disastrosa di Attila, re degli Unni, che secondo la tradizione incendiò e distrusse Asolo. Altre invasioni fecero seguito a questa e così molti abitanti, anche a causa di un violento terremoto e all'insorgere di gravi epidemie, lasciarono l'Asolano.
I primi abitatori dell'attuale territorio del comune di Fonte furono probabilmente i Neolitici i quali avrebbero trovato rifugio nelle grotte delle colline asolane e sarebbero stati protagonisti di una civiltà che aveva nella lavorazione della pietra il carattere dominante. Lo attestano le numerose testimonianze giunte fino a noi e che si possono far risalire ad un periodo stimato tra i 5.000 e i 2.500 anni prima della nascita di Cristo. Ma forse questi antichi abitatori potrebbero essere stati preceduti da altri che avrebbero fissato qui il loro insediamento, in quanto la positura del territorio, l'esposizione al sole delle colline, la presenza di corsi d'acqua e le numerose sorgenti potevano averlo favorito. La scoperta di copiosi reperti archeologici in località "Sorgente" ed i numerosi reperti litici, trovati in tutta l'area, stanno comunque ad indicare che antichi abitatori avevano certamente scelto questa zona, installandovi le "fabbriche" per la lavorazione dei propri utensili e delle loro armi in pietra.
A quel tempo il territorio doveva presentare aspetti ben diversi dall'attuale e comunque, dopo l'ultima glaciazione, in lenta ma costante evoluzione. Gli abitanti di allora dovevano probabilmente essere succeduti ai Protoliguri o Liguri antichi, un popolo stanziato in tutto il bacino del Mediterraneo, e che nell'Asolano avevano fissato proprio a Fonte una delle loro sedi.