Comune di Ampezzo
Ampezzo
Piazza Zona Libera 1944, 28 - 33021 - Ampezzo (UD)
Friuli Venezia Giulia
tel: 0433 80050 fax: 0433 80639
e-mail: amministrativo@com-ampezzo.regione.fvg.it
pec: comune.ampezzo@certgov.fvg.it
web: www.comune.ampezzo.ud.it
Approfondimenti
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Storia
Il primo documento che cita Ampezzo risale al 762, il quale viene conosciuto come “Donazione Sestense” , questa fonte documentaria fa riferimento alla distribuzione dei beni “casas in vico Ampitio” cioè case ampezzane che tre nobili fratelli longobardi: Efro Abate di San Salvatore di Monte Amiata, Marco abate di Sesto al Reghena o Sesto in Silvis e Anto monaco da loro fondati .
Ampezzo nacque in epoca remotissima alla confluenza tra il fiume Tagliamento ed il Torrente Lumiei e fra i boschi che ancor oggi sono fra i più rigogliosi di tutta la Carnia gli insediamenti dell’età del bronzo lasciarono la loro impronta.
Nel bosco del “Bernon” fu rinvenuta una punta di lancia che risale al primo periodo dell’età del ferro poi sulla strada che conduce a Nonta e in vari punti del territorio sono state trovate “tombe con corredi”, tutti i corpi avevano la testa rivolta ad Est e secondo gli studiosi appartenevano a gente molto alta di statura e molto giovane, per esempio c’era in teschio che ancora conservava intatti tutti i denti della mascella inferiore , senza dubbio erano soldati longobardi.
I primi insediamenti vivevano in grotte del terreno, cibandosi con il ricavato della caccia e dei pochi frutti della foresta, i vecchi raccontano che nei primi tempi l’insediamento di Ampezzo non esisteva se non come zona di sosta per le popolazioni che scendevano dai monti circostanti verso la valle per portare i morti nei cimiteri della valle .
Solo nel periodo celtico gli insediamenti umani furono più sviluppate con la coltivazione razionale della terra e dei suoi prodotti: orzo, grano e forse lino.
Secondo la tradizione popolare locale si racconta che il nome di Ampezzo potrebbe derivare dal vocabolo “pec” che in friulano significa “abete”.
Sempre nei racconti si cita una specie di posto di sosta , una capanna dove i pellegrini passavano la notte, da qui si spiega lo stemma del paese un abete appunto, con sotto una piccola costruzione. Quello che è certo , al di là delle leggende è il fatto che Ampezzo per la sua posizione geografica, fu inizialmente soprattutto un luogo di transito verso la valle.
Ne il documento sestense, ne altri successivi menzionano la presenza del fortilizio di Ampezzo, che si trova al centro della valle , a ovest dell’abitato e perciò la sua storia è sconosciuta. La sua origine però può essere posizionata all’età tardo antica, epoca in cui si avvia la riorganizzazione del sistema difensivo delle Alpi orientali , attività che coinvolse il territorio carnico dagli inizi del IV sec a.C. , il fortilizio di Ampezzo probabilmente organizzava un sistema di comunicazione lungo il tracciato del Tagliamento.
Nel medioevo le case contadine di Ampezzo a cui appartenevano determinate terre erano assegnate a famiglie di agricoltori all’interno di una “curtis”, una delle grandi aziende fondiarie caratteristiche dell’alto medioevo, distinta fra la parte signorile, sotto il diretto controllo del signore o di un suo incaricato e la parte suddivisa tra i contadini.
Ampezzo era un villaggio escluso dal traffico delle grandi vie di comunicazione, come quella che fin dall’antichità, attraversando la valle del torrente But, si raggiungeva il passo di Monte Croce Carnico, e quindi collegava il Friuli alla Carinzia. Tuttavia Ampezzo, situata nell’alta valle del Tagliamento, si trovava su di una via “vicinale”, diretta al passo della Mauria, praticata già in età romana, come affermano alcuni reperti archeologici rinvenuti nel vicino paese di Socchieve.
Ecclesiasticamente, il villaggio si trovava inserito nella vastissima diocesi di Aquileia, dopo la soppressione del vescovado di Zuglio e l’inglobamento del suo territorio in quello aquileiese, che in quell’epoca comprendeva il Friuli centro-orientale cioè la Carnia e il Canal del Ferro, il Cadore, la Slovenia ed una parte della Carinzia e della Stira.
La successiva menzione storica su Ampezzo risale al 1049-1063, quando il patriarca Gotebaldo donò al monastero femminile di S. Maria in Valle di Cividale quattro “massaricie” che si trovavano nel territorio del villaggio, questa donazione costituisce uno degli elementi principali per la ricostruzione della vita agraria e civile del villaggio. Così le vaste aziende fondiarie subirono profonde trasformazioni e ad Ampezzo, sulle terre del patriarca, la nuova organizzazione era già notoria, dove la parte signorile non c’era più e tutte le proprietà venivano suddivise indistintamente tra famiglie contadine in unità agricole ridotte, i mansi o “massaricie” .
La donazione di Gotebaldo venne realizzata alla vigilia di un evento molto importante nella storia del Friuli medioevale perché nel 1077 l’imperatore eletto, Enrico IV, anche se non ancora coronato , concesse al patriarca Sicardo (o Sigeardo) di Aquileia le contee del Friuli e dell’Istria e la marca di Carniola, a conseguenza di un processo secolare che aveva concentrato nelle mani dei presuli terre, castelli, e diritti pubblici, le tasse e l’amministrazione della giustizia, così veniva costruito lo stato feudale del Patriarcato d’Aquileia, del quale il Friuli avrebbe costituito la parte più importante e duratura.
Quindi la piccola comunità di Ampezzo fu un abitato accentrato , secondo la tipologia comune nel Friuli ed era composta da agricoltori , da contadini dipendenti da altri signori laici, i di Ragogna e i di Toppo, ed anche da piccoli proprietari di terra. L’attività principale però non era l’agricoltura che in Carnia dava fave, frumento, avena e segale, bensì l’allevamento di bovini ed ovini, che permetteva di realizzare scorti alimentari di formaggio, citato dai documenti, in libbre o in forme, anche per il pagamento di affitti di terre. Infatti il suolo povero ed il clima piovoso della Carnia non permettevano la realizzazione dell’agricoltura, mentre i prati e il sottobosco fornivano cibo abbondante agli animali condotti al pascolo.
La più antica menzione del comune di Ampezzo risale al 1200, quando il comune, come ricorda un documento, aveva in affitto i pascoli e i boschi di un monte che si trovava nel suo territorio, feudo prima dei nobili di Toppo, poi dei di Ragogna .
Su quel monte, come sulle terre di proprietà comunale , i membri della vicinia ( dal latino “vicus” cioè villaggio) facevano pascolare tutti insieme i loro animali, condotti e custoditi “dall’armentaro” e dal “porcaro”, uomini scelti e salariati dalla comunità, quest’uso civico era un diritto sia dei proprietari, sia dei contadini che lavoravano le terre fiscali , pagando gli affitti al decano, il quale ogni anno prendeva in appalto la decania dal gastaldo della Carnia, a cui versava gli affitti stessi.
Inoltre sulle terre comuni i “vicini” falciavano l’erba con cui nutrivano il bestiame nei mesi invernali e raccoglievano la legna, necessaria per cuocere il cibo, riscaldarsi, riparare case e recinti, costruire attrezzi da lavoro, mobili, stoviglie.
Però non tutti gli Ampezzani erano agricoltori ed allevatori: già nella prima metà del trecento esisteva un notaio residente ed attivo nel villaggio , fornito di una vasta clientela, proprietario di alcuni mansi in altre zone della Carnia e verso la metà del secolo proprietario dei mugnai, che lavoravano presso due ruote di mulino , costruite sul Lumiei o su di una roggia. C’era anche qualche abitante del villaggio di professione commerciante di bestiame, comunque, sino alla fine del duecento, tutti i Carnici avevano il diritto, riconosciuto poi anche dal patriarca , di comperare o vendere al minuto in tutta libertà, per loro consumo: cibo, pani ed animali.
Ma dalla metà del duecento in questa zona , già completamente rurale, iniziò a formarsi un nucleo cittadino , in seguito alla concessione a Tolmezzo del diritto del mercato all’ingrosso. Poi alla fine del duecento i Carnici delle vallate conservavano il diritto di acquisto al minuto per le loro necessità, ma ai forestieri si poteva vendere, all’ingrosso o al minuto, solo sul mercato di Tolmezzo.
Nel secolo successivo il borgo divenne sempre più importante, finché nel 1392 il patriarca Giovanni di Moravia riconobbe una condizione di privilegio e assieme ad alcune donazioni di terre ed esenzioni di carattere militare, concesse d’inviare una propria rappresentanza nel parlamento della Patria ed affiancò al gastaldo il consiglio del borgo nell’amministrazione della giustizia .
Come gli antichi comuni della Carnia, Ampezzo aveva l’obbligo militare di partecipare alla custodia dei tredici passi, cioè come tutti doveva garantire l’agibilità di ponti e strade, danneggiate dalle piogge e d’inverno ostruite dalla neve, o doveva aprirne di nuove, secondo l’ordine del patriarca. Motivo di litigio fra comuni confinanti, come quello di Socchieve e quello di Forni di Sotto, per la divisione delle spese.
Nel duecento il cuore, il simbolo e l’orgoglio della comunità di Ampezzo era la sua pieve, che sorgeva sulla piazza del villaggio ed era circondata dal cimitero, probabilmente l’unico edificio in muratura, in mezzo ad abitazioni di legno. Qui la popolazione si raccoglieva per partecipare alla celebrazione della messa festiva: poi dentro o sulla piazza, secondo la stagione del tempo si riuniva l’assemblea dei capi di famiglia, per scegliere il “meriga”, cioè il sindaco, l’armentaro ed il porcaro per provvedere alla gestione dei beni comunali.
Nel 1420, dopo lunghi anni di guerra, la repubblica di Venezia conquistò il Friuli centro-occidentale, ponendo fine allo stato feudale del Patriarcato di Aquileia . Come Udine e le altre comunità anche Tolmezzo e la Carnia si arresero, ottenendo la conferma dei loro statuti. La Carnia continuò ad essere retta dal gastaldo, che però ora dipendeva dal luogotenente, insediatosi a Udine.
Verso la metà de Quattrocento Ampezzo si presentava con costruzioni di case che si alternavano alle stalle, anche esse con portico, mentre alla periferia del villaggio si estendevano dei campi chiusi “braide” coltivati in modo intensivo , grazie all’impiego di concimi. Sulla riva dei Lumiei erano attivi un mulino ed una fucina che forniva alle ruote, al maglio e al mantice la forza idraulica necessaria.
Ampezzo assume una caratteristica più precisa con la funzione di tutte le attività di prodotti artigianali ed il bestiame. Vengono ricordati due importanti mercati che si tenevano due volte all’anno: in questi occasioni si trattavano gli affari più importanti nel commercio del bestiame e le famiglie dei paesi montani facevano rifornimento di tutti quei prodotti che salivano dalla pianura friulana e che non si potevano produrre nel luogo.
La fiera di S. Pietro rimase attiva fino agli anni del dopoguerra, fu in quest’epoca che sorse ad Ampezzo ad opera di Angelo Unfer la importante Scuola di Arti e Mestieri che successivamente ebbe uno sviluppo notevolissimo e contribuì all’istruzione professionale di centinaia di ragazzi.
Nel 1951 la scuola fu proclamata Istituto Professionale di Stato e perfino venne citata in Parlamento come esempio di buon funzionamento e professionalità.
La bellezza di Ampezzo è soprattutto naturalistica con una varietà notevole di piante ed erbe, caratteristica della valle è la raccolta di tali erbe, nei secoli passati gli Ampezzani che lasciavano il paese avevano uno speciale zaino con dentro erbe aromatiche e medicamentose e a piedi si spostavano per l’Europa , il loro nome in Carnico era “cramàrs”.
Nella parrocchiale di Ampezzo si conservano tele del pittore Nicola Grassi : S. Giovanni Evangelista, S. Matteo, Daniele nella fossa dei leoni e vari altari lignei intagliati.
Nella chiesa della frazione di Oltris, si conserva una croce di madreperla a mosaici con il fondo in ebanite e due dipinti che raffigurano una Madonna e l’Ultima Cena.
L’edilizia civile ad Ampezzo è particolarmente interessante. Nei secoli passati furono apprezzati i muratori ampezzani che venivano richiesti per la loro abilità tecnica in Austria e in Germania, infatti ci sono costruzioni come l’albergo di Velden in Austria e una villa a Monaco di Baviera che furono realizzate da loro. Numerose sono le case Ampezzane , anche dei primi anni di questo secolo, che seguirono le loro principali caratteristiche.
V.Riadis
Ampezzo nacque in epoca remotissima alla confluenza tra il fiume Tagliamento ed il Torrente Lumiei e fra i boschi che ancor oggi sono fra i più rigogliosi di tutta la Carnia gli insediamenti dell’età del bronzo lasciarono la loro impronta.
Nel bosco del “Bernon” fu rinvenuta una punta di lancia che risale al primo periodo dell’età del ferro poi sulla strada che conduce a Nonta e in vari punti del territorio sono state trovate “tombe con corredi”, tutti i corpi avevano la testa rivolta ad Est e secondo gli studiosi appartenevano a gente molto alta di statura e molto giovane, per esempio c’era in teschio che ancora conservava intatti tutti i denti della mascella inferiore , senza dubbio erano soldati longobardi.
I primi insediamenti vivevano in grotte del terreno, cibandosi con il ricavato della caccia e dei pochi frutti della foresta, i vecchi raccontano che nei primi tempi l’insediamento di Ampezzo non esisteva se non come zona di sosta per le popolazioni che scendevano dai monti circostanti verso la valle per portare i morti nei cimiteri della valle .
Solo nel periodo celtico gli insediamenti umani furono più sviluppate con la coltivazione razionale della terra e dei suoi prodotti: orzo, grano e forse lino.
Secondo la tradizione popolare locale si racconta che il nome di Ampezzo potrebbe derivare dal vocabolo “pec” che in friulano significa “abete”.
Sempre nei racconti si cita una specie di posto di sosta , una capanna dove i pellegrini passavano la notte, da qui si spiega lo stemma del paese un abete appunto, con sotto una piccola costruzione. Quello che è certo , al di là delle leggende è il fatto che Ampezzo per la sua posizione geografica, fu inizialmente soprattutto un luogo di transito verso la valle.
Ne il documento sestense, ne altri successivi menzionano la presenza del fortilizio di Ampezzo, che si trova al centro della valle , a ovest dell’abitato e perciò la sua storia è sconosciuta. La sua origine però può essere posizionata all’età tardo antica, epoca in cui si avvia la riorganizzazione del sistema difensivo delle Alpi orientali , attività che coinvolse il territorio carnico dagli inizi del IV sec a.C. , il fortilizio di Ampezzo probabilmente organizzava un sistema di comunicazione lungo il tracciato del Tagliamento.
Nel medioevo le case contadine di Ampezzo a cui appartenevano determinate terre erano assegnate a famiglie di agricoltori all’interno di una “curtis”, una delle grandi aziende fondiarie caratteristiche dell’alto medioevo, distinta fra la parte signorile, sotto il diretto controllo del signore o di un suo incaricato e la parte suddivisa tra i contadini.
Ampezzo era un villaggio escluso dal traffico delle grandi vie di comunicazione, come quella che fin dall’antichità, attraversando la valle del torrente But, si raggiungeva il passo di Monte Croce Carnico, e quindi collegava il Friuli alla Carinzia. Tuttavia Ampezzo, situata nell’alta valle del Tagliamento, si trovava su di una via “vicinale”, diretta al passo della Mauria, praticata già in età romana, come affermano alcuni reperti archeologici rinvenuti nel vicino paese di Socchieve.
Ecclesiasticamente, il villaggio si trovava inserito nella vastissima diocesi di Aquileia, dopo la soppressione del vescovado di Zuglio e l’inglobamento del suo territorio in quello aquileiese, che in quell’epoca comprendeva il Friuli centro-orientale cioè la Carnia e il Canal del Ferro, il Cadore, la Slovenia ed una parte della Carinzia e della Stira.
La successiva menzione storica su Ampezzo risale al 1049-1063, quando il patriarca Gotebaldo donò al monastero femminile di S. Maria in Valle di Cividale quattro “massaricie” che si trovavano nel territorio del villaggio, questa donazione costituisce uno degli elementi principali per la ricostruzione della vita agraria e civile del villaggio. Così le vaste aziende fondiarie subirono profonde trasformazioni e ad Ampezzo, sulle terre del patriarca, la nuova organizzazione era già notoria, dove la parte signorile non c’era più e tutte le proprietà venivano suddivise indistintamente tra famiglie contadine in unità agricole ridotte, i mansi o “massaricie” .
La donazione di Gotebaldo venne realizzata alla vigilia di un evento molto importante nella storia del Friuli medioevale perché nel 1077 l’imperatore eletto, Enrico IV, anche se non ancora coronato , concesse al patriarca Sicardo (o Sigeardo) di Aquileia le contee del Friuli e dell’Istria e la marca di Carniola, a conseguenza di un processo secolare che aveva concentrato nelle mani dei presuli terre, castelli, e diritti pubblici, le tasse e l’amministrazione della giustizia, così veniva costruito lo stato feudale del Patriarcato d’Aquileia, del quale il Friuli avrebbe costituito la parte più importante e duratura.
Quindi la piccola comunità di Ampezzo fu un abitato accentrato , secondo la tipologia comune nel Friuli ed era composta da agricoltori , da contadini dipendenti da altri signori laici, i di Ragogna e i di Toppo, ed anche da piccoli proprietari di terra. L’attività principale però non era l’agricoltura che in Carnia dava fave, frumento, avena e segale, bensì l’allevamento di bovini ed ovini, che permetteva di realizzare scorti alimentari di formaggio, citato dai documenti, in libbre o in forme, anche per il pagamento di affitti di terre. Infatti il suolo povero ed il clima piovoso della Carnia non permettevano la realizzazione dell’agricoltura, mentre i prati e il sottobosco fornivano cibo abbondante agli animali condotti al pascolo.
La più antica menzione del comune di Ampezzo risale al 1200, quando il comune, come ricorda un documento, aveva in affitto i pascoli e i boschi di un monte che si trovava nel suo territorio, feudo prima dei nobili di Toppo, poi dei di Ragogna .
Su quel monte, come sulle terre di proprietà comunale , i membri della vicinia ( dal latino “vicus” cioè villaggio) facevano pascolare tutti insieme i loro animali, condotti e custoditi “dall’armentaro” e dal “porcaro”, uomini scelti e salariati dalla comunità, quest’uso civico era un diritto sia dei proprietari, sia dei contadini che lavoravano le terre fiscali , pagando gli affitti al decano, il quale ogni anno prendeva in appalto la decania dal gastaldo della Carnia, a cui versava gli affitti stessi.
Inoltre sulle terre comuni i “vicini” falciavano l’erba con cui nutrivano il bestiame nei mesi invernali e raccoglievano la legna, necessaria per cuocere il cibo, riscaldarsi, riparare case e recinti, costruire attrezzi da lavoro, mobili, stoviglie.
Però non tutti gli Ampezzani erano agricoltori ed allevatori: già nella prima metà del trecento esisteva un notaio residente ed attivo nel villaggio , fornito di una vasta clientela, proprietario di alcuni mansi in altre zone della Carnia e verso la metà del secolo proprietario dei mugnai, che lavoravano presso due ruote di mulino , costruite sul Lumiei o su di una roggia. C’era anche qualche abitante del villaggio di professione commerciante di bestiame, comunque, sino alla fine del duecento, tutti i Carnici avevano il diritto, riconosciuto poi anche dal patriarca , di comperare o vendere al minuto in tutta libertà, per loro consumo: cibo, pani ed animali.
Ma dalla metà del duecento in questa zona , già completamente rurale, iniziò a formarsi un nucleo cittadino , in seguito alla concessione a Tolmezzo del diritto del mercato all’ingrosso. Poi alla fine del duecento i Carnici delle vallate conservavano il diritto di acquisto al minuto per le loro necessità, ma ai forestieri si poteva vendere, all’ingrosso o al minuto, solo sul mercato di Tolmezzo.
Nel secolo successivo il borgo divenne sempre più importante, finché nel 1392 il patriarca Giovanni di Moravia riconobbe una condizione di privilegio e assieme ad alcune donazioni di terre ed esenzioni di carattere militare, concesse d’inviare una propria rappresentanza nel parlamento della Patria ed affiancò al gastaldo il consiglio del borgo nell’amministrazione della giustizia .
Come gli antichi comuni della Carnia, Ampezzo aveva l’obbligo militare di partecipare alla custodia dei tredici passi, cioè come tutti doveva garantire l’agibilità di ponti e strade, danneggiate dalle piogge e d’inverno ostruite dalla neve, o doveva aprirne di nuove, secondo l’ordine del patriarca. Motivo di litigio fra comuni confinanti, come quello di Socchieve e quello di Forni di Sotto, per la divisione delle spese.
Nel duecento il cuore, il simbolo e l’orgoglio della comunità di Ampezzo era la sua pieve, che sorgeva sulla piazza del villaggio ed era circondata dal cimitero, probabilmente l’unico edificio in muratura, in mezzo ad abitazioni di legno. Qui la popolazione si raccoglieva per partecipare alla celebrazione della messa festiva: poi dentro o sulla piazza, secondo la stagione del tempo si riuniva l’assemblea dei capi di famiglia, per scegliere il “meriga”, cioè il sindaco, l’armentaro ed il porcaro per provvedere alla gestione dei beni comunali.
Nel 1420, dopo lunghi anni di guerra, la repubblica di Venezia conquistò il Friuli centro-occidentale, ponendo fine allo stato feudale del Patriarcato di Aquileia . Come Udine e le altre comunità anche Tolmezzo e la Carnia si arresero, ottenendo la conferma dei loro statuti. La Carnia continuò ad essere retta dal gastaldo, che però ora dipendeva dal luogotenente, insediatosi a Udine.
Verso la metà de Quattrocento Ampezzo si presentava con costruzioni di case che si alternavano alle stalle, anche esse con portico, mentre alla periferia del villaggio si estendevano dei campi chiusi “braide” coltivati in modo intensivo , grazie all’impiego di concimi. Sulla riva dei Lumiei erano attivi un mulino ed una fucina che forniva alle ruote, al maglio e al mantice la forza idraulica necessaria.
Ampezzo assume una caratteristica più precisa con la funzione di tutte le attività di prodotti artigianali ed il bestiame. Vengono ricordati due importanti mercati che si tenevano due volte all’anno: in questi occasioni si trattavano gli affari più importanti nel commercio del bestiame e le famiglie dei paesi montani facevano rifornimento di tutti quei prodotti che salivano dalla pianura friulana e che non si potevano produrre nel luogo.
La fiera di S. Pietro rimase attiva fino agli anni del dopoguerra, fu in quest’epoca che sorse ad Ampezzo ad opera di Angelo Unfer la importante Scuola di Arti e Mestieri che successivamente ebbe uno sviluppo notevolissimo e contribuì all’istruzione professionale di centinaia di ragazzi.
Nel 1951 la scuola fu proclamata Istituto Professionale di Stato e perfino venne citata in Parlamento come esempio di buon funzionamento e professionalità.
La bellezza di Ampezzo è soprattutto naturalistica con una varietà notevole di piante ed erbe, caratteristica della valle è la raccolta di tali erbe, nei secoli passati gli Ampezzani che lasciavano il paese avevano uno speciale zaino con dentro erbe aromatiche e medicamentose e a piedi si spostavano per l’Europa , il loro nome in Carnico era “cramàrs”.
Nella parrocchiale di Ampezzo si conservano tele del pittore Nicola Grassi : S. Giovanni Evangelista, S. Matteo, Daniele nella fossa dei leoni e vari altari lignei intagliati.
Nella chiesa della frazione di Oltris, si conserva una croce di madreperla a mosaici con il fondo in ebanite e due dipinti che raffigurano una Madonna e l’Ultima Cena.
L’edilizia civile ad Ampezzo è particolarmente interessante. Nei secoli passati furono apprezzati i muratori ampezzani che venivano richiesti per la loro abilità tecnica in Austria e in Germania, infatti ci sono costruzioni come l’albergo di Velden in Austria e una villa a Monaco di Baviera che furono realizzate da loro. Numerose sono le case Ampezzane , anche dei primi anni di questo secolo, che seguirono le loro principali caratteristiche.
V.Riadis