Comune di Artegna
Artegna
Piazza Marnico, 21 - 33011 - Artegna (UD)
Friuli Venezia Giulia
tel: 0432 977811 fax: 0432 977895
e-mail: sindaco@com-artegna-regione-fvg.it
pec: comune.artegna@certgov.fvg.it
web: www.comune.artegna.ud.it
Approfondimenti
Castello di ArtegnaChiesa di S. Leonardo, Artegna
Chiesa di S. Martino, Artegna
Chiesa di S. Stefano, Artegna
Chiesa S. Maria Nascente, Artegna
Filarmonica "L. Mattiussi", Artegna
Storia
I reperti scoperti sul colle di Artegna affermano che fu abitata già in epoca preistorica, sono stati anche trovati reperti di un insediamento romano come frecce, lance, spille, vasi lacrimatori e numerose monete d’epoca imperiale tutti oggetti conservati nel museo civico di Udine e in altri musei. Dopo la dominazione longobarda non si hanno notizie precise su Artegna fino al 1190.
C’è l’ipotesi che in epoca romana esistesse sul colle di San Martino una torre di sorveglianza però è certo che durante il governo dei longobardi sorgeva su quel colle una robusta fortezza che era considerata uno dei principali punti di difesa creato da quel popolo nel Friuli. Infatti Paolo Diacono nomina Artegna nel IV libro della sua celebre “Historia Langobardorum”, i castellani longobardi seppero adattarsi alle successive dominazioni franca e germanica perché ancora nel XIII secolo il castello con le sue dipendenze costituiva una “arimannia” cioè una comunità di guerrieri ben organizzati e addestrati che possedevano pezzi di terreno.
Dunque i primi abitatori di Artegna nel Medioevo furono degli arimanni longobardi ma col tempo insieme a loro si insediarono altre famiglie di coloni friulani. Secondo le supposizioni degli archeologi la fortezza di Artegna era ben munita con varie torri ed era cinta da una doppia cerchia di mura.Il paese invece aveva già nel XIII secolo i quattro borghi di Villa, Salt, Sotto-castello e Sornico.
La pieve di Artegna che fu da tempo molto estesa ed importante appare nel documento del 1190 oggi conservato nell’archivio capitolare di Cividale. La pieve aveva nel medioevo giurisdizione su 12 ville e 5 castelli, le ville erano oltre Artegna, quelle di Flaipano, Montenars, Sclavons (paese scomparso), Magnano, Longeriacco (paese scomparso), Prampero, Billerio, Bueriis, Treppo Grande, Zeglianucco e Zegliacco. I castelli oltre quello di Artegna erano quelli di Prampero, Ravistagno, Treppo Grande e Zegliacco, col tempo la pieve ridusse la sua giurisdizione per consenso dei paesi interessati.
Artegna ebbe il primo avvenimento nel 1253 ed è una movimentata ribellione di un signore feudale locale. Costui era Varnerio di Artegna che dopo aver abbandonato il campo patriarcale, si era messo al servizio del duca Bernardo di Carinzia usurpatore di vari feudi della Chiesa d’Aquileia, lo storico friulano Marcantonio Nicoletti vissuto nel XVI secolo informa che Varnerio di Artegna fecce gravi danni nella zona di Gemona. Il patriarca Gregorio da Montelongo decise di fermare Varnerio ma non riesce a farlo allora acquistò dai fratelli Gleri un castelletto inferiore, che era stato costruito intorno a quel tempo, fu cosi che nel 1260 il patriarca si decise di assediare la fortezza di Artegna lasciando gravi danni che mai più poté riacquistare la principale funzione di difesa.
Negli ultimi anni del Duecento si ha una feroce rivolta dei contadini arteniesi contro i signori del luogo. Indignati per l’abbattimento della chiesa di San Martino realizzata dai signori feudali i contadini devastarono tutto quanto si trovava con il desiderio di sopprimere il governo ed i privilegi dei nobili. Non contenti di ciò trucidarono crudelmente i conti Godofredo, Giovanni e altri confermando con ciò la verità dell’antica massima plebe, gli altri nobili sopravvissuti si salvarono con la fuga.
Dopo questa rivolta contadina il nuovo vicario patriarcale riuscì a ristabilire la pace e l’ordine facendo abbandonare il castello dalle milizie gemonesi, reintegrando i nobili nei loro possessi e facendo giustiziare i capi della rivolta. Risulta che dopo quella sommossa i nobili locali si dimostrarono più prudenti nei loro rapporti con la popolazione.
Invece l’abbattimento della chiesa di San Martino considerate la chiesa matrice di Artegna venne riedificata dalla popolazione nel 1303. Poco prima era sorta l’attuale chiesa parrocchiale di Santa Maria Nascente ma con la struttura, dimensioni ed orientamento differenti degli attuali. Sopra il portale d’ingresso della chiesa di San Martino esiste una lapide, del XVI secolo, che riassume le vicende. Si suppone che l’abbattimento della chiesa avvenuto prima del 1303 fosse stato ordinato dai signori di Artegna per ragioni strategiche, quanto al terremoto di cui parla la lapide fu quello del 26 marzo del 1511 mentre quello del 1348 pare che abbia causato pochi danni all’edificio.
Nel primo ventenio del XIV secolo Artegna fu più volte occupata dalle milizie del conte di Gorizia ed i arteniesi dovettero sottostare in quel tempo a nuove leggi e pagare nuove tasse e dopo il 1319 il castello risulta in possesso dei patriarcali.
Verso la fine del XIII secolo Artegna è organizzata come un comune autonomo. Agli inizi le assemblee annuali erano costituite dai feudatari locali, in seguito i giurisdiscenti abbandonarono in gran parte il castello ed andarono a risiedere nella Villa e in altre località del Friuli. Cosi il loro potere diminuì e alle assemblee parteciparono i capifamiglia di Artegna sia di origine longobarda sia di stirpe friulana. La assemblea si riuniva di solito la prima domenica dopo la festa di San Giorgio al suono della campana della chiesa di San Martino, la riunione aveva luogo all’aperto nella piazza del Marnì e solo verso la metà del XVII secolo venne costruita nella stessa piazza una loggia per le riunioni dei consiglieri comunali e le convocazioni del capo del comune.
Nel corso delle assemblee venivano discusse le questioni amministrativi ed organizzativi più importanti ed urgenti. L’assemblea nominava poi il “decano” o capo della comunità, il “masaro” equivalente a un segretario comunale i “giurati” delle cause civili e criminali, i “camerari” o amministratori della chiesa, gli “scotitori” delle imposte e delle multe ed i “guardiani” dei campi e dei boschi. Tutte le cariche avevano la durata di un anno, non esisteva ancora una casa del comune e neanche un archivio comunale. Solo nel XVII secolo i documenti gli inventari ed i registri contabili vennero posti per essere conservati e custoditi in una stanza della casa di ricovero vicina alla chiesa di San Rocco, però un secolo più tardi l’archivio venne distrutto da un incendio.
L’8 maggio 1534 il luogotenente veneto Francesco Venier approvò gli “Statuti Arteniesi”, però questo fatto venne abrogato dal Senato e questa decisione originò una grande lite che durò oltre trent’anni. Questa lite si manifesto in una guerra di imposizioni e reclami fra Gemona ed Artegna che ebbero l’unico risultato di peggiorare la situazione, Artegna non prendeva in considerazione le leggi, statuti e regolamenti e praticamente fu un periodo di anarchia, neanche con l’intervento del luogotenente veneto e il doge la situazione migliorò. Finalmente il doge decise di sottoporre al giudizio di un collegio di arbitri che era costituita dal Collegio dei Dieci Savi e da 15 patrizi fra i più doti del Senato la contesa fra Artegna e Gemona.
Cosi nel 1565 i governanti veneti proclamarono la nuova “inappellabile” sentenza, che fra le varie disposizioni la prima stabiliva che “Il comune e Uomini di Artegna possono di tempo in tempo, eleggersi il proprio consiglio di dodici persone” poi proibiva agli arteniesi di “ridurre in scritture” le loro consuetudini. Altri articoli permettevano agli amministratori arteniesi di usare il loro “bollo” per mantenere le misure e vietavano ai gemonesi di formare processi contro gli arteniesi nelle cause di giurisdizione che dovevano essere invece trattate dal luogotenente. Grazie a questa sentenza arbitrale la contesa fra Artegna e Gemona diminuì e poi scomparve del tutto.
Dopo diverse guerre ed altri avvenimenti la dominazione francese provocò un cambiamento proclamando i principi di libertà e fraternità. I suoi eserciti invasero e conquistarono vasti territori europei proclamando dovunque nuovi ordinamenti sociali, anche i territori veneti vennero “liberati” e con essi lo fu anche quello di Artegna. I “liberatori” arrivarono ad Artegna il 18 maggio 1797 e stabilirono una compagnia nella chiesa di San Martino, la compagnia rimase fino all’agosto successivo. I francesi alloggiati nella chiesa di San Martino requisirono la transenna dell’altare della Madonna i pregevoli mosaici che raffiguravano San Martino e San Floriano.
Oltre le requisizioni ci furono le tasse che raggiunsero livelli intollerabili, naturalmente le famiglie nobili furono le più tassate. Un beneficio che Artegna ebbe dai francesi fu quello di ottenere una gastaldia libera ma fu un beneficio passeggero perché i francesi se ne andarono alla fine del anno e nel gennaio del 1798 subentrarono al loro posto gli austriaci. Nel 1799 passarono per Artegna i soldati del generale russo Suvarrow che lasciarono gravi danni ed effettuarono requisizioni, poi durante la guerra austro-francese del1805 anche l’armata austriaca impoverì il patrimonio del comune di Artegna con requisizioni e prestiti forzati però non tanto gravose come quelle francesi.
I francesi ritornarono nel 1805 e restarono fino al 1813, questa volta instaurarono un’amministrazione meno rigida ed abbastanza tollerabile ma autoritaria, i dominatori istituirono ad Artegna un Consiglio della Municipalità formato da 15 persone non nominati dalla vicinia ma mediante un “decreto perfettizio”.
Dopo l’abbandono delle truppe francesi nel ritornarono gli austriaci che in genere furono accolti con favore dai friulani che non temevano essere dominato da loro. I nuovi dominatori lasciarono invariato il sistema amministrativo del comune di Artegna fino la 1816, in quel anno il sistema amministrativo venne cambiato in tutti i comuni rurali e così anche ad Artegna che non solo ebbe una nuova organizzazione ma venne annessa al distretto di Gemona.
Per tutta la durata della dominazione austriaca in Friuli l’amministrazione dei comuni rurali venne organizzata da due organismi chiamati “Convocato Generale” e “Deputazione Comunale”. Il Convocato era l’assemblea generale generale di tutti i possidenti del comune la quale veniva riunita due volte all’anno sotto la presidenza del membro più anziano, questi avevano il compito di eleggere tre componenti. La Deputazione aveva varie funzioni fra le quali quella di amministrare il patrimonio comunale ed aveva inoltre l’obbligo di intervenire alle assemblee del Convocato.
Il governo austriaco fu il primo ad istituire in Friuli le scuole elementari pubbliche, gratuite ed obbligatorie e così nel 1824 Artegna ottiene la prima istituzione della scuola elementare maschile che ebbe come maestro principale il sacerdote Domenico De Rio e come maestro assistente il signor Valentino Menis, nel 1830 venne ricostruita la pieve, nel 1854 si costruì l’edificio scolastico sull’area della loggia comunale.
Artegna ebbe un avvenimento importante nel 1876 con l’inaugurazione della stazione ferroviaria sulla linea che allora portava da Udine Chiusaforte, nel 1897 venne completato “l’acquedotto privato” del imprenditore Angelo Comini e nel 1900 costruì uno stabilimento per la lavorazione dei cascami di seta.
Il progresso di Artegna venne interroto dalle due Guerre Mondiali, poi con i due terremoti del 1976 fu colpita gravemente. In quel periodo crollarono la chiesa di San Rocco, il municipio, la scuola elementare e tanti altri edifici importanti per la popolazione, fortunatamente le strutture della chiesa di San Martino e del suo campanile resistettero alla violenza dei due terremoti e veramente la chiesa di San Martino è l’emblema di tante lotte e di tante conquiste.
V. Riadis
C’è l’ipotesi che in epoca romana esistesse sul colle di San Martino una torre di sorveglianza però è certo che durante il governo dei longobardi sorgeva su quel colle una robusta fortezza che era considerata uno dei principali punti di difesa creato da quel popolo nel Friuli. Infatti Paolo Diacono nomina Artegna nel IV libro della sua celebre “Historia Langobardorum”, i castellani longobardi seppero adattarsi alle successive dominazioni franca e germanica perché ancora nel XIII secolo il castello con le sue dipendenze costituiva una “arimannia” cioè una comunità di guerrieri ben organizzati e addestrati che possedevano pezzi di terreno.
Dunque i primi abitatori di Artegna nel Medioevo furono degli arimanni longobardi ma col tempo insieme a loro si insediarono altre famiglie di coloni friulani. Secondo le supposizioni degli archeologi la fortezza di Artegna era ben munita con varie torri ed era cinta da una doppia cerchia di mura.Il paese invece aveva già nel XIII secolo i quattro borghi di Villa, Salt, Sotto-castello e Sornico.
La pieve di Artegna che fu da tempo molto estesa ed importante appare nel documento del 1190 oggi conservato nell’archivio capitolare di Cividale. La pieve aveva nel medioevo giurisdizione su 12 ville e 5 castelli, le ville erano oltre Artegna, quelle di Flaipano, Montenars, Sclavons (paese scomparso), Magnano, Longeriacco (paese scomparso), Prampero, Billerio, Bueriis, Treppo Grande, Zeglianucco e Zegliacco. I castelli oltre quello di Artegna erano quelli di Prampero, Ravistagno, Treppo Grande e Zegliacco, col tempo la pieve ridusse la sua giurisdizione per consenso dei paesi interessati.
Artegna ebbe il primo avvenimento nel 1253 ed è una movimentata ribellione di un signore feudale locale. Costui era Varnerio di Artegna che dopo aver abbandonato il campo patriarcale, si era messo al servizio del duca Bernardo di Carinzia usurpatore di vari feudi della Chiesa d’Aquileia, lo storico friulano Marcantonio Nicoletti vissuto nel XVI secolo informa che Varnerio di Artegna fecce gravi danni nella zona di Gemona. Il patriarca Gregorio da Montelongo decise di fermare Varnerio ma non riesce a farlo allora acquistò dai fratelli Gleri un castelletto inferiore, che era stato costruito intorno a quel tempo, fu cosi che nel 1260 il patriarca si decise di assediare la fortezza di Artegna lasciando gravi danni che mai più poté riacquistare la principale funzione di difesa.
Negli ultimi anni del Duecento si ha una feroce rivolta dei contadini arteniesi contro i signori del luogo. Indignati per l’abbattimento della chiesa di San Martino realizzata dai signori feudali i contadini devastarono tutto quanto si trovava con il desiderio di sopprimere il governo ed i privilegi dei nobili. Non contenti di ciò trucidarono crudelmente i conti Godofredo, Giovanni e altri confermando con ciò la verità dell’antica massima plebe, gli altri nobili sopravvissuti si salvarono con la fuga.
Dopo questa rivolta contadina il nuovo vicario patriarcale riuscì a ristabilire la pace e l’ordine facendo abbandonare il castello dalle milizie gemonesi, reintegrando i nobili nei loro possessi e facendo giustiziare i capi della rivolta. Risulta che dopo quella sommossa i nobili locali si dimostrarono più prudenti nei loro rapporti con la popolazione.
Invece l’abbattimento della chiesa di San Martino considerate la chiesa matrice di Artegna venne riedificata dalla popolazione nel 1303. Poco prima era sorta l’attuale chiesa parrocchiale di Santa Maria Nascente ma con la struttura, dimensioni ed orientamento differenti degli attuali. Sopra il portale d’ingresso della chiesa di San Martino esiste una lapide, del XVI secolo, che riassume le vicende. Si suppone che l’abbattimento della chiesa avvenuto prima del 1303 fosse stato ordinato dai signori di Artegna per ragioni strategiche, quanto al terremoto di cui parla la lapide fu quello del 26 marzo del 1511 mentre quello del 1348 pare che abbia causato pochi danni all’edificio.
Nel primo ventenio del XIV secolo Artegna fu più volte occupata dalle milizie del conte di Gorizia ed i arteniesi dovettero sottostare in quel tempo a nuove leggi e pagare nuove tasse e dopo il 1319 il castello risulta in possesso dei patriarcali.
Verso la fine del XIII secolo Artegna è organizzata come un comune autonomo. Agli inizi le assemblee annuali erano costituite dai feudatari locali, in seguito i giurisdiscenti abbandonarono in gran parte il castello ed andarono a risiedere nella Villa e in altre località del Friuli. Cosi il loro potere diminuì e alle assemblee parteciparono i capifamiglia di Artegna sia di origine longobarda sia di stirpe friulana. La assemblea si riuniva di solito la prima domenica dopo la festa di San Giorgio al suono della campana della chiesa di San Martino, la riunione aveva luogo all’aperto nella piazza del Marnì e solo verso la metà del XVII secolo venne costruita nella stessa piazza una loggia per le riunioni dei consiglieri comunali e le convocazioni del capo del comune.
Nel corso delle assemblee venivano discusse le questioni amministrativi ed organizzativi più importanti ed urgenti. L’assemblea nominava poi il “decano” o capo della comunità, il “masaro” equivalente a un segretario comunale i “giurati” delle cause civili e criminali, i “camerari” o amministratori della chiesa, gli “scotitori” delle imposte e delle multe ed i “guardiani” dei campi e dei boschi. Tutte le cariche avevano la durata di un anno, non esisteva ancora una casa del comune e neanche un archivio comunale. Solo nel XVII secolo i documenti gli inventari ed i registri contabili vennero posti per essere conservati e custoditi in una stanza della casa di ricovero vicina alla chiesa di San Rocco, però un secolo più tardi l’archivio venne distrutto da un incendio.
L’8 maggio 1534 il luogotenente veneto Francesco Venier approvò gli “Statuti Arteniesi”, però questo fatto venne abrogato dal Senato e questa decisione originò una grande lite che durò oltre trent’anni. Questa lite si manifesto in una guerra di imposizioni e reclami fra Gemona ed Artegna che ebbero l’unico risultato di peggiorare la situazione, Artegna non prendeva in considerazione le leggi, statuti e regolamenti e praticamente fu un periodo di anarchia, neanche con l’intervento del luogotenente veneto e il doge la situazione migliorò. Finalmente il doge decise di sottoporre al giudizio di un collegio di arbitri che era costituita dal Collegio dei Dieci Savi e da 15 patrizi fra i più doti del Senato la contesa fra Artegna e Gemona.
Cosi nel 1565 i governanti veneti proclamarono la nuova “inappellabile” sentenza, che fra le varie disposizioni la prima stabiliva che “Il comune e Uomini di Artegna possono di tempo in tempo, eleggersi il proprio consiglio di dodici persone” poi proibiva agli arteniesi di “ridurre in scritture” le loro consuetudini. Altri articoli permettevano agli amministratori arteniesi di usare il loro “bollo” per mantenere le misure e vietavano ai gemonesi di formare processi contro gli arteniesi nelle cause di giurisdizione che dovevano essere invece trattate dal luogotenente. Grazie a questa sentenza arbitrale la contesa fra Artegna e Gemona diminuì e poi scomparve del tutto.
Dopo diverse guerre ed altri avvenimenti la dominazione francese provocò un cambiamento proclamando i principi di libertà e fraternità. I suoi eserciti invasero e conquistarono vasti territori europei proclamando dovunque nuovi ordinamenti sociali, anche i territori veneti vennero “liberati” e con essi lo fu anche quello di Artegna. I “liberatori” arrivarono ad Artegna il 18 maggio 1797 e stabilirono una compagnia nella chiesa di San Martino, la compagnia rimase fino all’agosto successivo. I francesi alloggiati nella chiesa di San Martino requisirono la transenna dell’altare della Madonna i pregevoli mosaici che raffiguravano San Martino e San Floriano.
Oltre le requisizioni ci furono le tasse che raggiunsero livelli intollerabili, naturalmente le famiglie nobili furono le più tassate. Un beneficio che Artegna ebbe dai francesi fu quello di ottenere una gastaldia libera ma fu un beneficio passeggero perché i francesi se ne andarono alla fine del anno e nel gennaio del 1798 subentrarono al loro posto gli austriaci. Nel 1799 passarono per Artegna i soldati del generale russo Suvarrow che lasciarono gravi danni ed effettuarono requisizioni, poi durante la guerra austro-francese del1805 anche l’armata austriaca impoverì il patrimonio del comune di Artegna con requisizioni e prestiti forzati però non tanto gravose come quelle francesi.
I francesi ritornarono nel 1805 e restarono fino al 1813, questa volta instaurarono un’amministrazione meno rigida ed abbastanza tollerabile ma autoritaria, i dominatori istituirono ad Artegna un Consiglio della Municipalità formato da 15 persone non nominati dalla vicinia ma mediante un “decreto perfettizio”.
Dopo l’abbandono delle truppe francesi nel ritornarono gli austriaci che in genere furono accolti con favore dai friulani che non temevano essere dominato da loro. I nuovi dominatori lasciarono invariato il sistema amministrativo del comune di Artegna fino la 1816, in quel anno il sistema amministrativo venne cambiato in tutti i comuni rurali e così anche ad Artegna che non solo ebbe una nuova organizzazione ma venne annessa al distretto di Gemona.
Per tutta la durata della dominazione austriaca in Friuli l’amministrazione dei comuni rurali venne organizzata da due organismi chiamati “Convocato Generale” e “Deputazione Comunale”. Il Convocato era l’assemblea generale generale di tutti i possidenti del comune la quale veniva riunita due volte all’anno sotto la presidenza del membro più anziano, questi avevano il compito di eleggere tre componenti. La Deputazione aveva varie funzioni fra le quali quella di amministrare il patrimonio comunale ed aveva inoltre l’obbligo di intervenire alle assemblee del Convocato.
Il governo austriaco fu il primo ad istituire in Friuli le scuole elementari pubbliche, gratuite ed obbligatorie e così nel 1824 Artegna ottiene la prima istituzione della scuola elementare maschile che ebbe come maestro principale il sacerdote Domenico De Rio e come maestro assistente il signor Valentino Menis, nel 1830 venne ricostruita la pieve, nel 1854 si costruì l’edificio scolastico sull’area della loggia comunale.
Artegna ebbe un avvenimento importante nel 1876 con l’inaugurazione della stazione ferroviaria sulla linea che allora portava da Udine Chiusaforte, nel 1897 venne completato “l’acquedotto privato” del imprenditore Angelo Comini e nel 1900 costruì uno stabilimento per la lavorazione dei cascami di seta.
Il progresso di Artegna venne interroto dalle due Guerre Mondiali, poi con i due terremoti del 1976 fu colpita gravemente. In quel periodo crollarono la chiesa di San Rocco, il municipio, la scuola elementare e tanti altri edifici importanti per la popolazione, fortunatamente le strutture della chiesa di San Martino e del suo campanile resistettero alla violenza dei due terremoti e veramente la chiesa di San Martino è l’emblema di tante lotte e di tante conquiste.
V. Riadis