Comune di Martellago
Martellago
Piazza Vittoria, 1 - 30030 - Martellago (VE)
Veneto
tel: 041 5404111 fax: 041 5402363
e-mail: info@comune.martellago.ve.it
pec: comune.martellago.ve@pecveneto.it
web: www.comune.martellago.ve.it
Storia
Il periodo romano [modifica]
È accertato che la zona dove ora sorge Martellago sia stata abitata sin dall'età paleoveneta e fosse compresa nell'agro Altinate durante l'epoca romana, come testimoniano alcuni rinvenimenti riguardanti monete, una medaglia dell'imperatore romano Antonino Pio (138-161 d.C.), una lampada funebre e un pozzo circolare risalente al II secolo d.C. Il pagus di epoca romana era probabilmente situato lungo le rive del fiume Dese ed era dotato di uno scalo sul fiume stesso, mancando il territorio di strade in terra.
Il Medioevo [modifica]
In seguito alle invasioni barbariche l'insediamento fu abbandonato (anche a causa delle piene del Dese non più regimentato) e nacque il nuovo villaggio intorno alla pieve, la plebs Sancti Stephani de Martellago citata per la prima volta nella Bolla Apostolica di papa Eugenio III del maggio 1152 e indirizzata a Bonifacio vescovo di Treviso. Quindi spostato più a sud rispetto al pagus, favorevole la vicinanza con la strada Castellana, che tutt'oggi lo attraversa, la quale rappresentava una delle maggiori vie commerciali tra Venezia e l'entroterra. Riguardo all'antica via, risultano molto interessanti i resoconti storici del "meriga" Valeriano "Mericus Zelii plebis de Mestre" e di Prosdocimo "Mericus Capitis plebis Martellagi" con documenti scritti verso il 1315 e relativi alla principale strada del territorio. Rivelando preziose indicazioni sulla strada Castellana: "Viam publicam qua appellatur via Imperialis qua incipit versus Bassanum in regula Zellarini et extendit per viam et terrirorium regulam Zelii versus Mestre..." e portando ulteriori conoscenze con la descrizione "...unam publicam qua dicitur (Imperialis) venit da regula Scorcedis ad regulam Martellagi, et discurrit at flumen Desii et unum pontem habet super viam per quaritur versus Bassanum, et versus Mestre..." Ma il primo documento scritto relativo a Martellago è del 29 aprile 1085, denominato Codice Eccelinianum nella cui pubblicazione settecentesca di Rambaldo degli Azzoni Avogaro si evince: "...in villa quæ dicitur Martellagum masseritias tres," ed inoltre "...silvam unam inter Martellagum et Trivignanum..." e riguardava una donazione di masserie e terreni al monastero di Sant'Eufemia di Villanova; ma essendo la pieve "matrice" di altre chiese già nel XII sec. (e precisamente le chiese di Robegano, Maerne, Cappella e Peseggia) certamente il villaggio era molto più antico e le sue origini si possono far risalire all'Alto Medioevo. Martellago divenne poi un castello dei Trevigiani amministrato dalla famiglia che venne detta Martellaci proprio per il possesso del castello. Nicolò Mauro nella sua cronologia "De Tarvisinorum Gentibus et familiis" redatta nel XVI sec., scriveva: "Martellacum castrum olim, nunc Pagus est in Mestrensibus quod olim dominata est nobilis Martellacæ gens, quæ inter Castrenses Tarvisinorum familias fuit connumerata, ex qua Hyeremias vir clarus, qui ad annum 1200 floruit, et Guilielmus ad annum 1300". L'ubicazione del castello di Martellago (la cui fondazione viene fatta risalire all'epoca dell'invasione degli Ungari) è stata identificata nella località Le Motte: nel dialetto trevigiano e veneto in genere, il termine "motte" indica piccole alture o rialzi di terreno sia naturali sia di origine antropica come i terrapieni che formavano il circuito intorno a un castello; la suddetta località si trova a sud-ovest rispetto alla chiesa in contrada Bertoldi, nell'omonima strada (Via delle Motte) che collega Martellago a Robegano. Il fatto che il castello fosse discosto rispetto al centro e alla strada Castellana testimonia la scarsa importanza rivestita da questo nel sistema difensivo delle terre trevigiane, e infatti il castello fu in seguito abbandonato e cadde in rovina. La potente famiglia Grimani, che in seguito divenne proprietaria del terreno, fece livellare quasi completamente le motte per costruirvi una fornace, e all'inizio del XIX sec. sparì ogni traccia delle motte e quindi della presenza del castello. Al presente, delle antiche testimonianze, resta solo il toponimo ed alcuni interessanti riferimenti nel catasto napoleonico. Martellago seguì le vicende della Marca sino al 1338, poi con il decreto la Ducale del 1339 emanata dal Doge Francesco Dandolo, il paese fu assegnato alla "sub Podesteria di Mestre sunt Villæ infrascriptæ, videlicet ... Martellago... Maderne..." entrando dunque a far parte della Serenissima Repubblica di Venezia, alla quale sarà ininterrottamente legato sino alla sua caduta avvenuta nel 1797 con l'arrivo delle truppe napoleoniche.
A partire dal Cinquecento, la pieve di S. Stefano fu divisa nei quattro colmelli di Martellago, Martellago Sopra Dese, Martellago di Boschi di Cegia, Martellago di Prè. Tra il XVI e il XVIII secolo la campagna di Martellago fu apprezzata da diverse famiglie patrizie veneziane che qui eressero le loro residenze e vivacizzarono il paese con le loro villeggiature estive. Di tutte, sorpassò in ricchezza e splendore quella dei Grimani. Famiglia molto ricca, difatti già nei primi decenni del '700, il piccolo villaggio contadino di Martellago era praticamente proprietà dei Grimani ai quali appartenevano la maggior parte delle terre, i due molini del borgo nonché tutte le case del paese. All'epoca i fondi di proprietà erano davvero pochi, interessante sapere che attorno al 1770, il N. H. Antonio Grimani possedeva da solo ben 860 campi di terra. Dal 1784 in poi come scrisse lo storico Francesco S. Fapanni: "Da quest'epoca tre generazioni di donne, Patrizie Veneziane, dominarono Martellago." (Loredana Grimani-Morosini, Elisabetta Morosini-von Gatterburg e Loredana von Gatterburg-Morosini).
L'età moderna [modifica]
Con il Trattato di Preßburg (Bratislava) del 26 dicembre 1805, il territorio veneto passò al Regno d'Italia di Napoleone I e ad imitazione del modello francese venne diviso in dipartimenti e comuni. In seguito con decreto del Viceré d'Italia, Eugène De Beauharnais del 28 settembre 1806, Martellago con la sua storica frazione Maerne furono riuniti in un unico comune,(dipartimento del Tagliamento), la cui sede però venne stabilita a Maerne e Martellago ne divenne la "sezione"; il che rinfocolò la storica rivalità tra le due località: Maerne infatti era da sempre sottoposta all'autorità civile e religiosa di Martellago, pur essendo più grande e popolosa; il decreto imperiale del 7 aprile 1815 costituiva il Regno Lombardo-Veneto e con l'arrivo degli Austriaci, la sede comunale venne portata invece a Martellago e il comune assunse la denominazione e l'estensione con cui lo conosciamo ancora oggi.
Nel 1954 lo stemma araldico dell'antica famiglia dei Martellaci la cui arma rappresentava un leone rampante lampassato e armato, fu rivendicato dal Comune di Martellago ed inserito nello stemma comunale.
Monumenti e luoghi d'interesse [modifica]
Chiesa arcipretale di Santo Stefano [modifica]
L'attuale edificio fu costruito verso la fine del XVIII secolo: i lavori di fabbricazione della nuova chiesa iniziarono nel 1770 su disegno degli architetti Pietro Checchia di Venezia e Andrea Zorzi di Treviso, e venne consacrata nel 1777 dal vescovo di Treviso, Paolo Francesco Giustiniani. All'interno si può ammirare lo splendido soffitto della navata centrale affrescato verso il 1780 da Giovan Battista Canal raffigurante il Martirio di Santo Stefano, nonché gli attigui affreschi di Domenico Fossati dello stesso periodo, il quale, ha incorniciato con un fantastico ed estroso fregio l'affresco centrale. Tra i due altari laterali dedicati a "San Valentino" con pala di Eugenio Pini del 1652 e alla "Madonna del Rosario" con pala di Lattanzio Querena del 1824, da notare il pregevole affresco in chiaroscuro dipinto nel 1912 da Antonio Beni. Di fronte è posizionato il pulpito, ivi collocato nel 1821, costruito dal falegname friulano Antonio Piai e decorato dal veneziano Giacomo Tagliapietra. Posto sopra la porta d'ingresso lato canonica, tra gli altari dedicati a "Sant'Antonio" con pala di Giovanni C. Bevilacqua del 1835 e ai "Sacri Cuori di Gesù e Maria" pala Ottocentesca di Domenico Vicari. Gli arredi e i marmi del presbiterio sono originari della chiesa di San Marcuola a Venezia, acquistati prima della ristrutturazione della chiesa veneziana operata dal Massari. Però il grande tabernacolo che sovrasta l'altare venne acquistato nel 1778 presso la chiesa dei Santi Ermagora e Fortunato di Venezia. Tra le pale d'altare, merita una particolare attenzione quello dell'altare maggiore: il Martirio di Santo Stefano di Francesco Bissolo, un olio su cinque tavole lignee del XVI sec. Nelle nicchie del coro sono esposte le due tele di Giovanni C. Bevilaqua, La Fede e La Speranza del 1834. Da vedere anche i due "telèri" posti ai lati del presbiterio: La nozze di Cana di Agostino Ridolfi e il Miracolo di San Domenico di Guzmàn di Pietro Damini, entambi dipinti nel '600. Interessante anche la Via Crucis realizzata in terracotta con bassorilievi da Lino Bottacin nel 1944. Nella chiesa trova spazio anche l'organo, di 23 registri costruito nel 1930, opera 425 della ditta Mascioni. L'attuale pavimentazione in marmo a tre colori risale al 1869 e la notizia della conclusione dei lavori, venne pubblicata sul giornale "Veneto Cattolico" del 9 ottobre 1869.
Da segnalare il campanile la cui costruzione iniziò nel 1609, come riporta una piccola lapide, tutt'ora presente sopra la porta d'ingresso della torre campanaria. Fu poi terminato, utilizzando anche il materiale di risulta della demolizione della chiesa di Robegano, nel 1621, anno in cui furono issate le campane. Attualmente, le tre campane maggiori sono quelle rifuse dalla ditta Francesco De Poli nel 1977, mentre il campanellino risale al 1886. Un brevissimo cenno alla canonica, nella quale, dopo il restauro conservativo del 2008, è emerso un grande arco a sesto acuto sorretto da due colonne in cotto terminanti nella parte superiore a triloba, del XIV sec.
Ville venete [modifica]
Tra le Ville venete presenti nel territorio merita una particolare menzione la centralissima Villa Grimani-Morosini "Ca della Nave", edificio originario del Cinquecento e costruito probabilmente tra il 1566 e il 1575 dalla famiglia veneziana dei Priuli, i primi proprietari della villa. Famiglia che ha dato ben tre Dogi alla Serenissima. La forma archittetonica dell'edificio presenta una struttura a pianta quadrata su tre piani e con la facciata addornata dagli affreschi di Giambattista Zelotti (1526-1578). La villa venne ristrutturata dai Grimani agli inizi del XVIII secolo. In questo periodo vennero costruite le barchesse, quella ovest adibita esclusivamente ad uso foresteria, alloggio per gli ospiti "foresti" illustri; gli affreschi sono opera di Francesco Fontebasso, allievo di Sebastiano Ricci. La barchessa est invece si allunga fino al "palazzetto" costruzione a forma di torre che si unisce alle adiacenti cantine pre-esistenti e termina con un'altra torre a tre piani. Vicino alla barchessa, nel 1807 venne costruita la "casetta del sottofattore" che ospitava il prete mansionario dell'oratorio. Le varie costruzioni quali la colombaia, l'Oratorio e i numerosi edifici rustici formano una specie di piazzetta quadrangolare di rara continuità archittetonica tra la villa padronale e le sue dépandances. Sempre agli inizi del Settecento iniziarono anche i lavori per risistemare il giardino alla moda dell'epoca; disegnato dagli architetti Mattia De Rossi e Felice Della Greca, ma secondo altri studiosi è invece opera dell'architetto francese André Godeau; il giardino venne completato nel 1706. Inoltre dispone di uno splendido parco con delle vecchie essenze arboree,tra le quali spicca una farnia (Quercus Robur) di 160 anni alta 27 m. e dall'imponente diametro di 412 cm.
Altro edificio interessante è la settecentesca Villa Fapanni-Combi, costruita dalla famiglia veneziana dei Corner e in seguito ceduta nel 1809 alla famiglia Fapanni. Dal 1826 venne abitata per lungo tempo da Francesco Scipione Fapanni.
Il periodo romano [modifica]È accertato che la zona dove ora sorge Martellago sia stata abitata sin dall'età paleoveneta e fosse compresa nell'agro Altinate durante l'epoca romana, come testimoniano alcuni rinvenimenti riguardanti monete, una medaglia dell'imperatore romano Antonino Pio (138-161 d.C.), una lampada funebre e un pozzo circolare risalente al II secolo d.C. Il pagus di epoca romana era probabilmente situato lungo le rive del fiume Dese ed era dotato di uno scalo sul fiume stesso, mancando il territorio di strade in terra.Il Medioevo [modifica]In seguito alle invasioni barbariche l'insediamento fu abbandonato (anche a causa delle piene del Dese non più regimentato) e nacque il nuovo villaggio intorno alla pieve, la plebs Sancti Stephani de Martellago citata per la prima volta nella Bolla Apostolica di papa Eugenio III del maggio 1152 e indirizzata a Bonifacio vescovo di Treviso. Quindi spostato più a sud rispetto al pagus, favorevole la vicinanza con la strada Castellana, che tutt'oggi lo attraversa, la quale rappresentava una delle maggiori vie commerciali tra Venezia e l'entroterra. Riguardo all'antica via, risultano molto interessanti i resoconti storici del "meriga" Valeriano "Mericus Zelii plebis de Mestre" e di Prosdocimo "Mericus Capitis plebis Martellagi" con documenti scritti verso il 1315 e relativi alla principale strada del territorio. Rivelando preziose indicazioni sulla strada Castellana: "Viam publicam qua appellatur via Imperialis qua incipit versus Bassanum in regula Zellarini et extendit per viam et terrirorium regulam Zelii versus Mestre..." e portando ulteriori conoscenze con la descrizione "...unam publicam qua dicitur (Imperialis) venit da regula Scorcedis ad regulam Martellagi, et discurrit at flumen Desii et unum pontem habet super viam per quaritur versus Bassanum, et versus Mestre..." Ma il primo documento scritto relativo a Martellago è del 29 aprile 1085, denominato Codice Eccelinianum nella cui pubblicazione settecentesca di Rambaldo degli Azzoni Avogaro si evince: "...in villa quæ dicitur Martellagum masseritias tres," ed inoltre "...silvam unam inter Martellagum et Trivignanum..." e riguardava una donazione di masserie e terreni al monastero di Sant'Eufemia di Villanova; ma essendo la pieve "matrice" di altre chiese già nel XII sec. (e precisamente le chiese di Robegano, Maerne, Cappella e Peseggia) certamente il villaggio era molto più antico e le sue origini si possono far risalire all'Alto Medioevo. Martellago divenne poi un castello dei Trevigiani amministrato dalla famiglia che venne detta Martellaci proprio per il possesso del castello. Nicolò Mauro nella sua cronologia "De Tarvisinorum Gentibus et familiis" redatta nel XVI sec., scriveva: "Martellacum castrum olim, nunc Pagus est in Mestrensibus quod olim dominata est nobilis Martellacæ gens, quæ inter Castrenses Tarvisinorum familias fuit connumerata, ex qua Hyeremias vir clarus, qui ad annum 1200 floruit, et Guilielmus ad annum 1300". L'ubicazione del castello di Martellago (la cui fondazione viene fatta risalire all'epoca dell'invasione degli Ungari) è stata identificata nella località Le Motte: nel dialetto trevigiano e veneto in genere, il termine "motte" indica piccole alture o rialzi di terreno sia naturali sia di origine antropica come i terrapieni che formavano il circuito intorno a un castello; la suddetta località si trova a sud-ovest rispetto alla chiesa in contrada Bertoldi, nell'omonima strada (Via delle Motte) che collega Martellago a Robegano. Il fatto che il castello fosse discosto rispetto al centro e alla strada Castellana testimonia la scarsa importanza rivestita da questo nel sistema difensivo delle terre trevigiane, e infatti il castello fu in seguito abbandonato e cadde in rovina. La potente famiglia Grimani, che in seguito divenne proprietaria del terreno, fece livellare quasi completamente le motte per costruirvi una fornace, e all'inizio del XIX sec. sparì ogni traccia delle motte e quindi della presenza del castello. Al presente, delle antiche testimonianze, resta solo il toponimo ed alcuni interessanti riferimenti nel catasto napoleonico. Martellago seguì le vicende della Marca sino al 1338, poi con il decreto la Ducale del 1339 emanata dal Doge Francesco Dandolo, il paese fu assegnato alla "sub Podesteria di Mestre sunt Villæ infrascriptæ, videlicet ... Martellago... Maderne..." entrando dunque a far parte della Serenissima Repubblica di Venezia, alla quale sarà ininterrottamente legato sino alla sua caduta avvenuta nel 1797 con l'arrivo delle truppe napoleoniche.A partire dal Cinquecento, la pieve di S. Stefano fu divisa nei quattro colmelli di Martellago, Martellago Sopra Dese, Martellago di Boschi di Cegia, Martellago di Prè. Tra il XVI e il XVIII secolo la campagna di Martellago fu apprezzata da diverse famiglie patrizie veneziane che qui eressero le loro residenze e vivacizzarono il paese con le loro villeggiature estive. Di tutte, sorpassò in ricchezza e splendore quella dei Grimani. Famiglia molto ricca, difatti già nei primi decenni del '700, il piccolo villaggio contadino di Martellago era praticamente proprietà dei Grimani ai quali appartenevano la maggior parte delle terre, i due molini del borgo nonché tutte le case del paese. All'epoca i fondi di proprietà erano davvero pochi, interessante sapere che attorno al 1770, il N. H. Antonio Grimani possedeva da solo ben 860 campi di terra. Dal 1784 in poi come scrisse lo storico Francesco S. Fapanni: "Da quest'epoca tre generazioni di donne, Patrizie Veneziane, dominarono Martellago." (Loredana Grimani-Morosini, Elisabetta Morosini-von Gatterburg e Loredana von Gatterburg-Morosini).L'età moderna [modifica]Con il Trattato di Preßburg (Bratislava) del 26 dicembre 1805, il territorio veneto passò al Regno d'Italia di Napoleone I e ad imitazione del modello francese venne diviso in dipartimenti e comuni. In seguito con decreto del Viceré d'Italia, Eugène De Beauharnais del 28 settembre 1806, Martellago con la sua storica frazione Maerne furono riuniti in un unico comune,(dipartimento del Tagliamento), la cui sede però venne stabilita a Maerne e Martellago ne divenne la "sezione"; il che rinfocolò la storica rivalità tra le due località: Maerne infatti era da sempre sottoposta all'autorità civile e religiosa di Martellago, pur essendo più grande e popolosa; il decreto imperiale del 7 aprile 1815 costituiva il Regno Lombardo-Veneto e con l'arrivo degli Austriaci, la sede comunale venne portata invece a Martellago e il comune assunse la denominazione e l'estensione con cui lo conosciamo ancora oggi.Nel 1954 lo stemma araldico dell'antica famiglia dei Martellaci la cui arma rappresentava un leone rampante lampassato e armato, fu rivendicato dal Comune di Martellago ed inserito nello stemma comunale.Monumenti e luoghi d'interesse [modifica]
Chiesa arcipretale di Santo Stefano [modifica]L'attuale edificio fu costruito verso la fine del XVIII secolo: i lavori di fabbricazione della nuova chiesa iniziarono nel 1770 su disegno degli architetti Pietro Checchia di Venezia e Andrea Zorzi di Treviso, e venne consacrata nel 1777 dal vescovo di Treviso, Paolo Francesco Giustiniani. All'interno si può ammirare lo splendido soffitto della navata centrale affrescato verso il 1780 da Giovan Battista Canal raffigurante il Martirio di Santo Stefano, nonché gli attigui affreschi di Domenico Fossati dello stesso periodo, il quale, ha incorniciato con un fantastico ed estroso fregio l'affresco centrale. Tra i due altari laterali dedicati a "San Valentino" con pala di Eugenio Pini del 1652 e alla "Madonna del Rosario" con pala di Lattanzio Querena del 1824, da notare il pregevole affresco in chiaroscuro dipinto nel 1912 da Antonio Beni. Di fronte è posizionato il pulpito, ivi collocato nel 1821, costruito dal falegname friulano Antonio Piai e decorato dal veneziano Giacomo Tagliapietra. Posto sopra la porta d'ingresso lato canonica, tra gli altari dedicati a "Sant'Antonio" con pala di Giovanni C. Bevilacqua del 1835 e ai "Sacri Cuori di Gesù e Maria" pala Ottocentesca di Domenico Vicari. Gli arredi e i marmi del presbiterio sono originari della chiesa di San Marcuola a Venezia, acquistati prima della ristrutturazione della chiesa veneziana operata dal Massari. Però il grande tabernacolo che sovrasta l'altare venne acquistato nel 1778 presso la chiesa dei Santi Ermagora e Fortunato di Venezia. Tra le pale d'altare, merita una particolare attenzione quello dell'altare maggiore: il Martirio di Santo Stefano di Francesco Bissolo, un olio su cinque tavole lignee del XVI sec. Nelle nicchie del coro sono esposte le due tele di Giovanni C. Bevilaqua, La Fede e La Speranza del 1834. Da vedere anche i due "telèri" posti ai lati del presbiterio: La nozze di Cana di Agostino Ridolfi e il Miracolo di San Domenico di Guzmàn di Pietro Damini, entambi dipinti nel '600. Interessante anche la Via Crucis realizzata in terracotta con bassorilievi da Lino Bottacin nel 1944. Nella chiesa trova spazio anche l'organo, di 23 registri costruito nel 1930, opera 425 della ditta Mascioni. L'attuale pavimentazione in marmo a tre colori risale al 1869 e la notizia della conclusione dei lavori, venne pubblicata sul giornale "Veneto Cattolico" del 9 ottobre 1869.Da segnalare il campanile la cui costruzione iniziò nel 1609, come riporta una piccola lapide, tutt'ora presente sopra la porta d'ingresso della torre campanaria. Fu poi terminato, utilizzando anche il materiale di risulta della demolizione della chiesa di Robegano, nel 1621, anno in cui furono issate le campane. Attualmente, le tre campane maggiori sono quelle rifuse dalla ditta Francesco De Poli nel 1977, mentre il campanellino risale al 1886. Un brevissimo cenno alla canonica, nella quale, dopo il restauro conservativo del 2008, è emerso un grande arco a sesto acuto sorretto da due colonne in cotto terminanti nella parte superiore a triloba, del XIV sec.Ville venete [modifica]Tra le Ville venete presenti nel territorio merita una particolare menzione la centralissima Villa Grimani-Morosini "Ca della Nave", edificio originario del Cinquecento e costruito probabilmente tra il 1566 e il 1575 dalla famiglia veneziana dei Priuli, i primi proprietari della villa. Famiglia che ha dato ben tre Dogi alla Serenissima. La forma archittetonica dell'edificio presenta una struttura a pianta quadrata su tre piani e con la facciata addornata dagli affreschi di Giambattista Zelotti (1526-1578). La villa venne ristrutturata dai Grimani agli inizi del XVIII secolo. In questo periodo vennero costruite le barchesse, quella ovest adibita esclusivamente ad uso foresteria, alloggio per gli ospiti "foresti" illustri; gli affreschi sono opera di Francesco Fontebasso, allievo di Sebastiano Ricci. La barchessa est invece si allunga fino al "palazzetto" costruzione a forma di torre che si unisce alle adiacenti cantine pre-esistenti e termina con un'altra torre a tre piani. Vicino alla barchessa, nel 1807 venne costruita la "casetta del sottofattore" che ospitava il prete mansionario dell'oratorio. Le varie costruzioni quali la colombaia, l'Oratorio e i numerosi edifici rustici formano una specie di piazzetta quadrangolare di rara continuità archittetonica tra la villa padronale e le sue dépandances. Sempre agli inizi del Settecento iniziarono anche i lavori per risistemare il giardino alla moda dell'epoca; disegnato dagli architetti Mattia De Rossi e Felice Della Greca, ma secondo altri studiosi è invece opera dell'architetto francese André Godeau; il giardino venne completato nel 1706. Inoltre dispone di uno splendido parco con delle vecchie essenze arboree,tra le quali spicca una farnia (Quercus Robur) di 160 anni alta 27 m. e dall'imponente diametro di 412 cm.Altro edificio interessante è la settecentesca Villa Fapanni-Combi, costruita dalla famiglia veneziana dei Corner e in seguito ceduta nel 1809 alla famiglia Fapanni. Dal 1826 venne abitata per lungo tempo da Francesco Scipione Fapanni.
Chiesa arcipretale di Santo Stefano [modifica]L'attuale edificio fu costruito verso la fine del XVIII secolo: i lavori di fabbricazione della nuova chiesa iniziarono nel 1770 su disegno degli architetti Pietro Checchia di Venezia e Andrea Zorzi di Treviso, e venne consacrata nel 1777 dal vescovo di Treviso, Paolo Francesco Giustiniani. All'interno si può ammirare lo splendido soffitto della navata centrale affrescato verso il 1780 da Giovan Battista Canal raffigurante il Martirio di Santo Stefano, nonché gli attigui affreschi di Domenico Fossati dello stesso periodo, il quale, ha incorniciato con un fantastico ed estroso fregio l'affresco centrale. Tra i due altari laterali dedicati a "San Valentino" con pala di Eugenio Pini del 1652 e alla "Madonna del Rosario" con pala di Lattanzio Querena del 1824, da notare il pregevole affresco in chiaroscuro dipinto nel 1912 da Antonio Beni. Di fronte è posizionato il pulpito, ivi collocato nel 1821, costruito dal falegname friulano Antonio Piai e decorato dal veneziano Giacomo Tagliapietra. Posto sopra la porta d'ingresso lato canonica, tra gli altari dedicati a "Sant'Antonio" con pala di Giovanni C. Bevilacqua del 1835 e ai "Sacri Cuori di Gesù e Maria" pala Ottocentesca di Domenico Vicari. Gli arredi e i marmi del presbiterio sono originari della chiesa di San Marcuola a Venezia, acquistati prima della ristrutturazione della chiesa veneziana operata dal Massari. Però il grande tabernacolo che sovrasta l'altare venne acquistato nel 1778 presso la chiesa dei Santi Ermagora e Fortunato di Venezia. Tra le pale d'altare, merita una particolare attenzione quello dell'altare maggiore: il Martirio di Santo Stefano di Francesco Bissolo, un olio su cinque tavole lignee del XVI sec. Nelle nicchie del coro sono esposte le due tele di Giovanni C. Bevilaqua, La Fede e La Speranza del 1834. Da vedere anche i due "telèri" posti ai lati del presbiterio: La nozze di Cana di Agostino Ridolfi e il Miracolo di San Domenico di Guzmàn di Pietro Damini, entambi dipinti nel '600. Interessante anche la Via Crucis realizzata in terracotta con bassorilievi da Lino Bottacin nel 1944. Nella chiesa trova spazio anche l'organo, di 23 registri costruito nel 1930, opera 425 della ditta Mascioni. L'attuale pavimentazione in marmo a tre colori risale al 1869 e la notizia della conclusione dei lavori, venne pubblicata sul giornale "Veneto Cattolico" del 9 ottobre 1869.Da segnalare il campanile la cui costruzione iniziò nel 1609, come riporta una piccola lapide, tutt'ora presente sopra la porta d'ingresso della torre campanaria. Fu poi terminato, utilizzando anche il materiale di risulta della demolizione della chiesa di Robegano, nel 1621, anno in cui furono issate le campane. Attualmente, le tre campane maggiori sono quelle rifuse dalla ditta Francesco De Poli nel 1977, mentre il campanellino risale al 1886. Un brevissimo cenno alla canonica, nella quale, dopo il restauro conservativo del 2008, è emerso un grande arco a sesto acuto sorretto da due colonne in cotto terminanti nella parte superiore a triloba, del XIV sec.Ville venete [modifica]Tra le Ville venete presenti nel territorio merita una particolare menzione la centralissima Villa Grimani-Morosini "Ca della Nave", edificio originario del Cinquecento e costruito probabilmente tra il 1566 e il 1575 dalla famiglia veneziana dei Priuli, i primi proprietari della villa. Famiglia che ha dato ben tre Dogi alla Serenissima. La forma archittetonica dell'edificio presenta una struttura a pianta quadrata su tre piani e con la facciata addornata dagli affreschi di Giambattista Zelotti (1526-1578). La villa venne ristrutturata dai Grimani agli inizi del XVIII secolo. In questo periodo vennero costruite le barchesse, quella ovest adibita esclusivamente ad uso foresteria, alloggio per gli ospiti "foresti" illustri; gli affreschi sono opera di Francesco Fontebasso, allievo di Sebastiano Ricci. La barchessa est invece si allunga fino al "palazzetto" costruzione a forma di torre che si unisce alle adiacenti cantine pre-esistenti e termina con un'altra torre a tre piani. Vicino alla barchessa, nel 1807 venne costruita la "casetta del sottofattore" che ospitava il prete mansionario dell'oratorio. Le varie costruzioni quali la colombaia, l'Oratorio e i numerosi edifici rustici formano una specie di piazzetta quadrangolare di rara continuità archittetonica tra la villa padronale e le sue dépandances. Sempre agli inizi del Settecento iniziarono anche i lavori per risistemare il giardino alla moda dell'epoca; disegnato dagli architetti Mattia De Rossi e Felice Della Greca, ma secondo altri studiosi è invece opera dell'architetto francese André Godeau; il giardino venne completato nel 1706. Inoltre dispone di uno splendido parco con delle vecchie essenze arboree,tra le quali spicca una farnia (Quercus Robur) di 160 anni alta 27 m. e dall'imponente diametro di 412 cm.Altro edificio interessante è la settecentesca Villa Fapanni-Combi, costruita dalla famiglia veneziana dei Corner e in seguito ceduta nel 1809 alla famiglia Fapanni. Dal 1826 venne abitata per lungo tempo da Francesco Scipione Fapanni.