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Castelli, fortezze e manieri

Castello di Villalta

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Fagagna (UD)

Friuli Venezia Giulia

L'origine di Fagagna è sicuramente romana. A supporto di questa ipotesi ci sono i numerosi reperti che vennero alla luce, nei secoli passati, come: lapidi, statue di dei, monete, un...

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I primi documenti che sembrano attestare l'esistenza di un castello a Villalta risalgono al sec. XII. Da essi, infatti, rileviamo l'esistenza di "Pernhardus de Filaht" nel 1158, di "Heinricus de VilIaIt" nel 1169, dei fratelli "Rantulfus et fratres eius Hainricus di Villalta liberi" nel 1176, dopo di che le citazioni diventano sempre più frequenti. Dai nomi propri dei rappresentanti di questo nobile casato risulta evidente la sua origine germanica, anche per quel "Filaht" che non è altro che la voce "Villalta" adattata foneticamente alla pronuncia tedesca. Il fatto che non venga citato esplicitamente il castello ma il casato che ne era proprietario, non è vincolante perché è ormai appurato che le famiglie d'oltr'AIpe, scese al seguito degli imperatori tedeschi e impiantatesi successivamente in Friuli, assunsero il predicato dalla denominazione del luogo ove avevano ottenuto il feudo. L'evidente significato del toponimo, "gruppo di case con chiesa, di carattere rurale (Nuovo Pirona, p. 1276), posto su un'altura", spiega sufficientemente il motivo della costruzione del castello su quel colle, e non altrove. Quando fu edificato? E’ certo che la forma scritta di un toponimo segue sempre di decenni, talvolta di secoli, il suo effettivo uso nella parlata popolare, per cui possiamo dedurre che anche VillaIta, con la sua rocca, risalga ai secoli X-XI, ossia al periodo della ricostruzione del Friuli, dopo le incursioni ungariche (899-952). Nel 1158, anno del primo documento conosciuto, a due secoli dalla fine di un flagello che aveva paralizzato per decenni lo sviluppo civile di molte regioni italiane e dell'Europa occidentale, il Friuli non si era ancora ripreso del tutto dal disastroso effetto lasciato da quelle orde di diavoli a cavallo. Il ripopolamento e la ricostruzione delle centinaia di "ville" devastate in quel periodo comportarono lunghi e onerosi sforzi da parte dei conti del Friuli prima e poi soprattutto dei patriarchi aquileiesi.

Molti luoghi furono ricostruiti, altri furono edificati ex-novo, di altri ancora si ha notizia dopo molti anni dalla loro riedificazione. Può essere quest'ultimo il caso di Villalta. La posizione dei colle, punto strategico che dominava e controllava la strada Udine - Spilimbergo, la sua fortificazione, l'importante ruolo che il castello ed il casato dei Villalta ebbero nelle vicende friulane dal XII al XIV secolo, la solida costruzione che rimase inespugnata fino al 1310, sembrano confermare quanto abbiamo innanzi ipotizzato. Inoltre c'è un punto da chiarire nella storia, non solo di Villalta, ma dell'intera compagine locale. L'11 giugno 983 l'imperatore Ottone Il donava al patriarca Rodoaldo cinque castelli, tra i quali Fagagna, con i relativi diritti su tre miglia di territorio circostante a ciascuno. Il miglio era di mt. 1.450 circa, e quindi il territorio donato includeva anche Villalta, che invece nel sec. XII, quando il potere dei patriarchi d'Aquileia è ormai consolidato, risulta feudo di nobili "liberi", cioè investiti direttamente dall'imperatore. Perciò è lecito supporre che anche nell'anno 983 esistesse un castello con le relative giurisdizioni che era estraneo alla donazione; o quanto meno che, nonostante il castello fosse stato distrutto durante le invasioni degli Ungari, i diritti pertinenti ad esso non fossero stati lesi. Questo andrebbe ad avvalorare la tesi avanzata dal Perusini, in un suo recente studio sull'araldica feudale friulana, circa l'esistenza di una contea nel medio Friuli centrale, non ricordata nei documenti, la quale, anche se non molto vasta, era tuttavia molto importante dal punto di vista politico - commerciale perché controllava i passi del Tagliamento e le vie commerciali per il nord. Il Miotti, inoltre, segnala che le grosse pietre di base della torre del castello presentano le caratteristiche "tacche" che venivano incise a scalpello dai Romani durante l'estrazione delle pietre stesse dalle cave. Da quanto esposto possiamo dunque affermare che il castello precede di alcuni secoli i documenti che lo riguardano. Ulteriori ricerche d'archivio ed opportuni scavi dovrebbero confermarlo.

Durante l'anno 1216 Ezzelino da Romano mosse guerra al Patriarcato d'Aquileia. Le sue truppe, al comando di Guecellone da Camino, si rovesciarono in Friuli, attaccando molte città e castelli, ma ebbero sempre la peggio. Fra questi anche Villalta, guardiato da Enrico detto "il vecchio" uomo "nobile di fede, intrepido e possente" (Di Manzano). E la prima notizia storica che abbiamo del castello. Come abbiamo già visto, esso era feudo dell'omonima famiglia, della quale esistono ricordi già dal secolo precedente. Che fosse una delle famiglie più ricche e potenti del Patriarcato, lo si desume dal fatto che i suoi possessi spaziavano nell'intero territorio regionale ed anche oltr'Alpe: a Dresniz (Jugoslavia); a Egesaldorf presso Frisac (Austria); nelle Valli del Natisone, dove, tra l'altro, possedeva il castello di Uruspergo, distrutto nel 1364; essa costruì e tenne per qualche tempo il castello di Variano, o Spilagallo; fu infeudata, dall'estinzione dell'antica famiglia, del castello di Caporiacco; i suoi rappresentanti furono nobili consorti, in diverse riprese, dei castelli di Buia, Gemona e Fagagna; beni immobili, i masi", erano sparsi un po' dovunque; oltre, naturalmente, alla la giurisdizione del castello di Villalta, sui paesi di Villalta, Ciconicco, Basagliutta, San Vito di Fagagna; e diritti, alcuni giurisdizionali, su altre "ville" della pianura friulana. Da tutto ciò possiamo ben comprendere come, il 15 settembre 1219, nello stringere lega con Treviso, i Villalta, assieme ai Caporiacco, potessero sopportare i due terzi dell'imposta fissata da quel Comune agli alleati friulani. In seguito a questo fatto ed alla guerra che ne seguì (1219-1221), i così chiamati "liberi" divennero " liberi ministeriali", riconoscendo in tal modo la superiore autorità del patriarca, che fino a quel momento era stato da loro considerato come un "primus inter pares". Sull'ultimo scorcio del 1200 Detalmo di ViIlalta ricalcò le orme di Enrico "il vecchio", divenendo uno dei più influenti nobili friulani del tempo. Egli fu capitano di Feltre nel 1250 e ricoprì la carica di podestà di Treviso nel 1262 e nel 1285. Fu inoltre arbitro di numerose diatribe fra il patriarca ed i suoi avversari, fatto questo che ci convince ancora di più della sua importanza. Si spense il 22 agosto 1299.

L'anno seguente, il 10 settembre, il castello fu assalito dall'esercito patriarcale e dalle genti del conte di Ortemburg, che vennero respinte da Giovanni di Villalta e da altri del suo partito. Il 29 marzo 1310, però, il castello fu preso e distrutto dalle milizie del conte di Gorizia. Ricostruito in brevissimo tempo, resisteva nuovamente ad un assalto sferrato dall'esercito del Goriziano, nell'estate del 1315. In quel periodo un altro Villalta faceva parlare di sè: Gilo, o Gillo, o Gillone. Fu dapprima Arcidiacono di Feltre nel 1294, l'anno dopo Io era di Aquileia. Nel 1299 e nel 1301, durante le sedi vacanti, fu nominato Vice- Domino del Patriarcato, e negli anni seguenti ebbe modo di assolvere importanti incarichi come paciere ed arbitro. Ma rivestì la carica più importante dal i 6 febbraio 1315, allorché il Capitolo di Aquileia Io assunse alla suprema dignità di patriarca.  L'elezione non trovò conferma presso la Santa Sede, che allora era ad Avignone, e Giovanni XXII, eletto Pontefice nell'agosto del 1316, nominò patriarca Gastone della Torre (10 gennaio 1317). Da allora e fino al 1320, Gillo fu Arcidiacono di Aquileia, più oltre non abbiamo notizie, e probabilmente morì in quegli anni. Fatti più cruenti interessavano invece altri Villalta. Giovanni, signore di Villalta e Uruspergo, era già noto in Friuli per le sue imprese. Nel 1306, 21 febbraio, assieme ad altri nobili ed al conte di Gorizia, incendiò la chiesa di Trivignano con cinquanta persone che vi si erano rifugiate. Il 15 settembre 1331, poco prima dell'alba, egli, alleato di Pregogna e Bartolomeo di Zuccola- Spilimbergo, diede l'assalto a Cividale con l'intento di occuparla, ma dopo poche ore fu costretto a ritirarsi con i suoi Endriuccio derubò delle biade il mercante viennese Conci I (1325), altri Villaltei tolsero con la forza merci al mercante Pietro Tutori di Venezia. Ma fu Francesco, figlio del "famigerato Giovanni" (Mor), che scrisse la pagina più tragica nella storia del casato. Nel 1334 sali sulla cattedra aquileiese Bertrando di S. Genesio. Fin dall'inizio del suo mandato egli si dimostrò inflessibile contro I'oligarchia feudale, cercando con ogni mezzo e pretesto di esautorarla a vantaggio del potere centrale. Morto Giovanni di Villalta nell'autunno del 1344, Francesco cacciò la matrigna dal castello; questa fece ricorso al patriarca per avere i beni che le spettavano in eredità. Bertrando fece uso del suo potere per far scendere a patti Francesco, e certamente fu questa la causa principale che spinse il villaltino a scontrarsi con Bertrando. Incarcerato e poi rilasciato, Francesco si fortificò in Uruspergo, mancando alle promesse fatte. Nel 1345 incorse nella scomunica lanciatagli dal patriarca, che fu poi da lui accusato di rapacità e parzialità. Gli avvenimenti incalzarono. Le discordie che dividevano la Patria. Si acuirono durante il 1349, e l'anno successivo si giunse al tragico evento del 6 giugno. Bertrando ed il suo corteo, che rientravano a Udine da un viaggio di natura politico - religiosa, furono assaliti dai rivoltosi all'altezza di Spilimbergo, nella piana della Richinvelda.

Alla fine dello scontro, il vecchio principe giaceva privo di vita. Il successore di Bertrando, Nicolò di Lussemburgo, forte del l'appoggio del l'imperatore suo fratello, condusse la repressione così spietatamente da lasciare il Friuli "attonito" (Menis). Molti castelli furono presi e distruffi; i responsabili della congiura furono impiccati, decapitati, squartati. La rocca di Villalta non si sottrasse a quella furia vendicativa. Il 30 giugno 1353 si iniziò la demolizione, "eseguitasi a furor di popolo" (Lazzarini); il 3 luglio seguente uguale sorte subì la casa di Francesco a Udine. In quel frangente fu deliberato, da parte del Comune di Udine, che il castello di Villalta non si potesse più riedificare. Tuttavia, pochi anni dopo, i Villalta ebbero il permesso di ricostruirlo. Alla morte del patriarca Marquardo di Randek (3 gennaio 1381) il Patriarcato fu concesso in commenda al cardinale Filippo d'Alençon, che tuttavia non intendeva stabilirsi in sede. Sorsero perciò due fazioni: l'una che faceva capo a Udine e sostenuta da Venezia, contraria a questa nomina; l'altra capeggiata da Cividale e spalleggiata dai Carrara, favorevole. A quest'ultima aderì Indriuccio di Villalta. Per tale motivo, l'11 dicembre 1385, il castello fu preso d'assalto dai veneziani e dagli udinesi, e conquistato. E interessante rilevare che, durante l'assedio, gli assalitori adoperarono quattro bombarde. Alla demolizione si lavorò dal giorno della presa al 26 febbraio dell'anno successivo. Indriuccio, dapprima imprigionato, fu liberato il 4 gennaio 1386. In seguito egli ottenne dal nuovo patriarca Giovanni di Moravia non solo il permesso, ma anche aiuti finanziari - sostenuti in parte da Cividale, per la ricostruzione del castello, che "risorse magnificamente dalle sue rovine" (Lazzarini).Il perché di tanto va ricercato nel fatto che neanche Giovanni era gradito agli Udinesi per essere ritenuto complice, o addirittura il mandante, dell'assassinio di Federico Savorgnan, per cui egli cercava alleati che lo sostenessero contro la lega udinese. Nei decenni seguenti il castello ed i suoi signori rimasero estranei agli avvenimenti che si stavano compiendo, assistendo inerti alla conquista veneta del Patriarcato. Nel 1419 il feudo cadeva infatti sotto la sovranità di Venezia. Tutte queste vicende avevano impoverito i Villalta che, per un debito derivante da un patto dotale, furono costretti a cedere metà dei loro possessi e diritti ai signori della Torre (1433), famiglia lombarda di antica origine. Sconfitto dai Visconti durante la lotta per la signoria di Milano, il casato dei Torriani si avvicinò al Friuli nella seconda metà del sec. XIII, al seguito del patriarca Raimondo della Torre. Altri due Torriani, Gastone e Lodovico, indossarono gli abiti patriarcali, anche se Gastone morì prima di giungere in Friuli. Grazie al loro appoggio, la famiglia accrebbe il proprio prestigio accumulando feudi e ricchezze in tutto il Friuli. Come la gran parte delle famiglie feudatarie, anch'essa si trovò schierata in campi avversi durante le molteplici guerre che in quei secoli funestarono la Patria Questa famiglia entrò in pieno possesso del castello nella prima metà del 1500, ed il feudo conobbe un periodo di relativa tranquillità. Con l'affermarsi delle bocche da fuoco e con il conseguente mutarsi delle tecniche belliche, i castelli persero molta della loro importanza. Iniziano con il Cinquecento, infatti, le trasformazioni che li muteranno da fortezze a residenze nobiliari di campagna.

Così anche Villalta perse quel ruolo di preminenza, che il luogo strategico gli aveva conferito nei secoli precedenti. Tuttavia nel 1511, 28 febbraio, subì il saccheggio e l'incendio durante la sommossa popolare del Giovedì Grasso. Il 26 marzo H terremoto che squassò tutta la regione lo distrusse quasi totalmente. Fu ricostruito per la quarta volta, dai Torriani, che lo ampliarono e lo adattarono alla nuova funzione cui era destinato. Non conobbe altri fatti di rilievo per quasi duecento anni, quando, la sera del 15 novembre 1699, Girolamo della Torre, abitante in Gorizia - allora negli Stati Austriaci - si presentò sulla porta del castello con il pretesto di rappacificarsi col fratello Sigismondo, perché da tempo in discordia. La pace non fu fatta, perché una scarica di archibugiate uccise Sigismondo sulla scalinata per la quale si accede alla parte alta del castello. Il fratricidio aprì un'epoca in cui il nome dei Torriani fu tristemente noto sia nei territori ducali sia nei dominii asburgici. Lucio della Torre aveva quattro anni quando il padre fu assassinato. Venne poi mandato a Venezia, in un collegio di Gesuiti, per cercare di calmarne l'indole ribelle. Ma non servi. Ancora adolescente, si mise a capo di una squadra di bravi; e taglieggiò in lungo e in largo il dominio veneziano, attirandosi il bando. Rifugiatosi in Austria, dovette di nuovo fuggire e riparare a Gorizia per aver trasgredito alle leggi contro i duelli. Nel 1717 il Luogotenente Veneto soprintendeva alla distruzione del palazzo Torriani in Udine, ubicato nell'attuale Piazza XX Settembre. Da Farra d'Isonzo, dove era ospitato dagli Strassoldo, sedotta la figlia del castellano, per riparare al danno meditò, d'accordo con alcuni membri della famiglia l'assassinio della moglie. Ma il sicario, Nicolò di Strassoldo, falli nell'impresa e mentre egli era sulla via del ritorno la polizia era sulle sue tracce. Braccati dagli Austriaci e dai Veneziani, gli assassini vennero catturati, e imprigionati a Gradisca. Il processo durò un anno, e si concluse con la condanna a morte dei rei, mediante decapitazione. La sentenza venne eseguita il 3 luglio 1723. Lucio aveva 27 anni. Finì allora la storia dei Torriani a Villalta. Essi riebbero i loro beni, confiscati dalla Repubblica all'epoca di Lucio della Torre, all'arrivo delle armate francesi del generale Bonaparte (1797) ma il castello rimase disabitato ed in quasi totale stato di abbandono, fino all'inizio di questo secolo. Domenico Pecile di San Giorgio della Richinvelda aveva acquistato il castello nel 1907 da GioBatta Storti di CessaIto, il quale lo aveva avuto dai della Torre nel 1905.Il Pecile vi compì alcuni lavori di ripristino. Nel 1938 questa famiglia lo vendette al dott. Enrico Preindl di Udine che lo risistemò in parte. Nel 1970 dom Carlos Tasso lo acquistò dai Preindl facendone la propria abitazione stabile fino al terremoto del 1976.

Le prime documentazioni del castello risalgono dunque al sec. XIII. Alla ricchezza di notizie su fatti storici che lo riguardano fa fronte, però, la quasi assoluta mancanza di sue raffigurazioni in quell'epoca. Una lacuna che non si riscontra solamente per Villalta, ma interessa la gran parte delle opere fortificate friulane: è raro, infatti, trovare mappe, planimetrie o disegni anteriori al sec. XVI. Del castello di Villalta possediamo un disegno che risale alla fine del Quattrocento. E perciò molto importante anche perché da esso si può rilevare la struttura della rocca nelle epoche precedenti. Nonostante le quattro distruzioni subite, il castello fu ricostruito sempre sul luogo dei precedenti, ricalcandone la forma e la fisionomia, per cui è possibile, osservando l'attuale pianta, risalire alle costruzioni più antiche. Esso era costituito (1480 circa) dalla torre, dal mastio di abitazione e difesa che si protendeva fuori dalle mura, da una prima cortina che difendeva la parte padronale, alla quale si accedeva per due porte, e da un secondo giro di mura, più ampio e munito della torre d'ingresso, che circondava il borgo rurale. Si può dedurre che la primitiva rocca comprendesse gli elementi suddetti, tranne la cortina del borgo, la quale, come nella generalità dei casi, fu elevata solamente più tardi (sec.XIV) con l'espandersi dell'abitato, allo scopo di difendere dalle scorrerie nemiche gli abitanti ed i raccolti. Solamente dopo la distruzione del 1511, i Torriani pensarono di ampliarlo, modificandolo in maniera tale da utilizzarlo più come residenza nobiliare che come opera di difesa. Durante il 1500 fu edificato il corpo centrale, utilizzando come muro perimetrale sud quello della vecchia cortina. Contemporaneamente altre costruzioni vennero ad aggiungersi alle esistenti, fra la torre ed il mastio primitivo, come pure il muraglione che separa la bassa corte dalla parte alta del castello, e la scalinata per accedere a quest'ultima. Anche le due torri circolari, di cui una fu poi trasformata in cappella, risalgono a questo periodo, che vede infine l'allargamento della seconda cerchia con la costruzione delle attuali mura. Da un disegno dell'anno 1700 il castello appare ormai come l'attuale, tranne che per alcuni rustici nel cortile inferiore che verranno completati all'inizio di questo secolo. Le vicende storiche che abbiamo narrate presuppongono che il maniero offra al visitato re le prove di tanta sua storia. In parte è così. I proprietari che si sono succeduti ai della Torre, a cominciare da questi ultimi, hanno arredato le stanze ed i saloni secondo i loro gusti, per cui dell'originale arredamento non v'è ricordo. Meritano un cenno - oltre alla disposizione dei locali "a cannocchiale", agli elementi architettonici, ai cortiletti interni, alla cappelletta gentilizia, ai molti angoli suggestivi che ne fanno uno dei più bei castelli friulani -, il salone al primo piano con la porta in legno dipinto (sec. XVII); gli affreschi delle stanze del corpo antico, che ritraggono animali fantastici e scene di vita campestre; la vasta cucina, rimasta immutata, con il fogolâr; e naturalmente la torre, dalla quale si gode uno splendido panorama.

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