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Chiese, Abbazie, Santuari e Parrocchie

Chiesa di San Stae, Venezia

Fondamentale per la comprensione della pittura veneziana del Settecento ai suoi esordi, la chiesa di San Stae (Sant'Eustachio) colpisce per unitarietà e armonia. Si presenta, infatti, con una fastosa facciata rivolta verso la principale via d'acqua veneziana, il Canal Grande, progettata da Domenico Rossi (1709) e caratterizzata da una ricca decorazione plastica alla quale hanno dato il loro contributo scultori come Giuseppe Torretto, Antonio Tarsia, Pietro Baratta e Antonio Corradini. L'interno, opera tardo secentesca con reminiscenze palladiane dell'architetto Giovanni Grassi, ha pianta ad unica navata e tre cappelle aperte su ciascun lato; al centro della chiesa una vasta pietra tombale segna il sepolcro della famiglia Mocenigo. Iniziando da destra, sui tre altari in successione si incontrano opere significative di Nicolò Bambini, Giuseppe Camerata e Antonio Balestra, quest'ultimo a decorare la cappella della confraternita dei "tiraoro e battioro" la cui scuola è adiacente la chiesa. Le tre cappelle a sinistra ospitano invece nell'ordine opere di Giuseppe Torretto e Pietro Baratta (Cappella Foscarini), di Francesco Migliori (L'Assunta, post 1722) e di Jacopo Amigoni (I Santi Caterina e Andrea, 1719). Il presbiterio ha la decorazione pittorica più significativa: sul soffitto troviamo una vasta tela di Bartolomeo Letterini (Le Virtù e due confratelli della Scuola del Santissimo, 1708), mentre alle pareti, sopra e sotto a due tele di Giuseppe Angeli (Sacrificio di Melchisedech e Caduta della manna, dopo il 1770), possiamo ammirare dodici tele di dimensioni minori che hanno per soggetto gli Apostoli e che furono realizzate grazie al lascito testamentario di Andrea Stazio (morto nel 1722).Tra queste spiccano capolavori assoluti quali il Martirio di San Bartolomeo (1722), opera giovanile di Giambattista Tiepolo, San Giacomo Maggiore (1717) di Giambattista Piazzetta e San Pietro liberato dal carcere (1717-24) di Sebastiano Ricci. Interessanti anche alcune opere conservate in sacrestia, tra le quali la Crocifissione di Maffeo Verona (sec. XVII), L'imperatore ordina di sacrificare agli idoli (1722) di Giambattista Pittoni e Sant'Eustachio in prigione di Bartolomeo Litterini (sec.XVIII).

Basilica di San Marco, Venezia

STORIA La storia della Basilica di San Marco iniziò nel 828 quando l'undicesimo doge, Giustiniano Partecipazio, decise di far costruire una chiesa accanto al palazzo ducale, in onore di San Marco, in sostituzione della cappella palatina dedicata a San Teodoro. L'incendio provocato da alcuni rivoltosi nel 976 distrusse la costruzione, per cui nel 978 fu riedificata per volontà del doge. La meravigliosa basilica che noi oggi possiamo ammirare, non è quella del 978, risale invece all'XI secolo. Fu iniziata dal doge Domenico Contarini nel 1063, continuata dal suo successore Domenico Selvo e terminata dal trentaduesimo doge Vitale Falier. La basilica venne consacrata nel 1094. Nel 1231 fu danneggiata da un altro incendio e ne seguirono tutta una serie di interventi atti a restaurare la struttura. Nella prima metà del XIII secolo fu costruito il nartece e nello stesso secolo vennero innalzate le cupole, mentre nel XV secolo venne decorata la parte alta delle facciate. Solo però nel 1617, l'attuale basilica fu completata, quando cioè vennero inseriti nel suo interno due altari. Proprio in virtù di tutti questi continui lavori di rifacimento e i miglioramenti che si sono succeduti nei secoli, non possiamo attribuire a tale costruzione un solo stile artistico, ma occorre parlare di stile “romanico-bizantino e gotico”. ESTERNO Esternamente la basilica può essere divisa in: piano inferiore, piano superiore e cupole. Nella facciata, realizzata in marmo nel XIII secolo, invece si distinguono un piano terra che presenta cinque portali strombati e un piano superiore, nel quale si trova una terrazza. Il portale centrale, sulla cui lunetta compare il Giudizio universale, è quello più grande ed anche quello maggiormente decorato, mentre il portale di Sant'Alipio (il primo portale a sinistra) è l'unico che ha ancora il mosaico originale, raffigurante l'ingresso del corpo di San Marco all'interno della basilica. Sopra il portale centrale sono sistemate le copie dei quattro cavalli di bronzo presi a Costantinopoli dai Veneziani durante la IV crociata. Nella facciata, nel corso dei secoli, è stata inserita una grande quantità di materiale di spoglio che ha reso questo luogo sacro ancora più bello e particolare. INTERNO La Basilica è a croce greca, ma il braccio verticale della croce è più lungo di quello dei transetti. Sopra la croce ci sono quattro cupole emisferiche ed una cupola centrale. La cupola dell'Ascensione si trova al centro della chiesa, quella dei Profeti sopra il presbiterio, quella della Pentecoste in prossimità della navata, mentre la cupola di San Giovanni e di San Leonardo, rispettivamente sul braccio nord e sul braccio sud del transetto. Le navate sono tre per ogni braccio e sono separate da colonnati che si collegano ai pilastri, il cui compito è di sopportare il peso delle cupole. Sia le pareti interne che quelle esterne sono piuttosto sottili per non appesantire troppo l'intera struttura, dato che poggia su un terreno sabbioso. L'altare non compare al centro della croce greca, come accadeva solitamente, è invece posto sotto la cupola del presbiterio e custodice i resti mortali di San Marco. Sotto il presbiterio c'è la cripta a tre navate absidate. All'interno della basilica possiamo distinguere una zona terrena (rappresentata dal pavimento e dalle pareti), in marmo, con disegni geometrici o figure di animali (create con le tecniche dell'opus sectile e dell'opus tessellatum), ed una zona celeste (rappresentata dalle cupole e dalle volte) realizzata con tessere di vetro colorate. Un'iconostasi (parete divisoria) realizzata in marmo, separa il presbiterio dal resto dell'edificio sacro. Molti sono i mosaici presenti e tra quelli più antichi occorre ricordare i mosaici dell'abside che mostrano il Cristo Pantocratore e quelli dell'ingresso che rappresentano gli Evangelisti, entrambi realizzati alla fine del XI secolo da mosaicisti greci. La basilica custodisce opere di immenso valore, tra le tante possiamo ricordare la Pala d'oro collocata sull'altare maggiore e il tesoro di San Marco. Quest'ultimo è costituito da poco meno di trecento pezzi realizzati in oro e materiali preziosi, in parte, almeno i più antichi, provenienti da Costantinopoli nel XIII secolo, in seguito alla conquista veneziana, altri sono stati prodotti dalle abili mani degli artisti veneziani ed infine alcuni rappresentano doni di personaggi illustri come i pontefici o gli stessi dogi. La Pala d'oro, che contiene le reliquie di San Marco, invece venne fatta realizzare nel 1102 dal doge Ordelaffo Falier e poi, nei secoli, è stata modificata fino ad assumere l'attuale conformazione.

Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, Venezia

La Basilica dei Santi Giovanni e Paolo venne realizzata in stile gotico con una opera di costruzione sviluppata in quasi 2 secoli tra il XIII ed il XV secolo. La parte inferiore della facciata appartiene alla prima fase duecentesca della costruzione, mentre il portale, inizialmente previsto come parte del rivestimento marmoreo della facciata ma poi mai attuato, è di uno stile di piena transizione tra il gotico ed il Rinascimento. La Chiesa dei SS Giovanni e Paolo è la più grande dopo quella di San Marco, con i suoi 102 metri di lunghezza per 46 di larghezza e la navata centrale con un'altezza di 32 metri. Le tre cappelle esterne sono quelle dell'Addolorata, della Madonna della Pace e di San Domenico. Le cinque absidi poligonali sono considerate il capolavoro unico dello stile tardo gotico veneziano. All'interno della chiesa, realizzata per volontà dei Domenicani, si svolgevano i funerali solenni dei dogi, cui poi venivano eretti e dedicati monumenti maestosi. Alcuni di questi rappresentano delle opere uniche di architettura, come quelli realizzati da Vincenzo Scamozzi, da Tullio e Pietro Lombardo e da Alessandro Vittoria. All'interno della Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo si trovano dei capolavori della pittura nell'arco temporale che va dal Quattrocento al Settecento. Tra questi occorre ricordare il Polittico di San Vincenzo Ferreri, opera di Giovanni Bellini del 1465; la Gloria di San Domenico di Gianbattista Piazzetta del 1725 al 1727 e l'Elemosina di Sant'Antonio, di Lorenzo Dotto. Il punto focale del campo dei Santi Giovanni e Paolo è rappresentato dal monumento equestre a Bartolomeo Colleoni, capolavoro rinascimentale di Andrea Verrocchio, realizzato tra il 1481 ed il 1488. Il Campo SS. Giovanni e Paolo e articolato in differenti zone. Davanti alla Chiesa si trova il sagrato, delimitato dalla facciata di Scuola Grande di San Marco a sinistra e dal campo vero e proprio che si sviluppa sulla destra, delimitato da Palazzo Dandolo. Consacrata nella prima metà del XV sec., il portale, più tardo, rivela influenze di stile rinascimentale. Di grande interesse è l’architettura dell’abside mentre l’interno accoglie numerose e importanti opere d’arte tra le quali un Polittico di G. Bellini e una tela di L. Lotto. Interessanti i monumenti funebri di dogi e personaggi illustri che fanno di San Giovanni e Paolo il Pantheon della storia di Venezia. Dopo la Basilica di San Marco, infatti, questo era il tempio che assumeva carattere ufficiale nella vita pubblica della Serenissima: qui venivano portate le spoglie dei Dogi defunti dopo l’esposizione di rito al popolo.

Chiesa dell'Isola di San Giorgio, Venezia

L'Isola di San Giorgio Maggiore si trova nella Laguna di Venezia, di fronte al Bacino di S. Marco, a soli 400 metri di distanza dalla città e a poche decine di metri dall'Isola della Giudecca. Ai tempi dei primi dogi essa si chiamava Isola dei Cipressi, aveva pochi abitanti che lavoravano in una salina ed in un mulino a vento e già vi era edificata una chiesetta (anno 790) dedicata a San Giorgio (Maggiore, per poterla distinguere da quella di un'altra isola della Laguna di Venezia, San Giorgio in Alga). Nel 982 il doge Tribuno Memmo donò quest'isola all'Ordine Benedettino affinchè vi potesse edificare un monastero. A partire da quell'anno quindi San Giorgio in Isola aumentò decisamente di importanza, inoltre nel 1108 o 1109, durante il dogado di Ordelaffio Falier, venne sepolto nella chiesa il corpo di Santo Stefano. Questa ricorrenza fu celebrata per molti secoli con una festa che si teneva di fronte all'isola, nell'antistante Bacino di San Marco la notte di Santo Stefano. L'Isola di San Giorgio Maggiore continuò ad essere abbellita negli anni seguenti grazie anche agli interventi del doge Sebastiano Ziani, che vi fu poi sepolto nel 1178. Un terribile terremoto nel 1223 causò la devastazione dell'isola, distruggendo la chiesa ed il monastero dei Benedettini. La ricostruzione fu lunga e laboriosa e portò alla consacrazione di una nuova chiesa nel 1419. Dal 1433 San Giorgio in Isola ospitò Cosimo I de' Medici nel suo breve periodo di esilio da Firenze. Egli ordinò la costruzione della grandiosa libreria che fu però distrutta da un incendio due secoli dopo. Il XVI secolo rappresenta il periodo più fiorente per l'Isola di San Giorgio, con la costruzione del primo dei due chiostri del convento (detto "degli Allori", avvenuta tra il 1516 ed il 1540). Il chiostro piu recente "dei Cipressi", fu realizzato nel periodo 1576-1614. La costruzione della Chiesa di San Giorgio (quella che possiamo tuttora ammirare), cominciò nel 1566 su progetto in stile neoclassico del grande architetto Andrea Palladio e proseguì fino alla sua morte (1580), quindi continuò sotto la direzione di Baldassarre Longhena che la portò a compimento nel 1610. Sempre Longhena realizzò il sontuoso Appartamento degli Abati e la Biblioteca. Il Campanile dell'Isola di San Giorgio crollò nel 1774 e venne ricostruito nel 1791 su progetto di Benedetto Buratti. Con la fine della Repubblica di Venezia, nel 1797, San Giorgio in Isola perse gran parte della sua importanza, pur ospitando nel 1799 il conclave che avrebbe eletto Papa Pio VII. Il convento fu soppresso da Napoleone nel 1806, (ma la basilica venne riaperta già a partire dal 1808) e l'Isola di San Giorgio venne trasformata in "porto franco" fino al 1929, cadendo in uno stato di abbandono e degrado. Il Bacino dell'isola che attualmente serve da riparo a numerose barche a vela venne costruito, assieme ai due piccoli fari che lo delimitano, nel 1851. Soltanto 100 anni dopo, nel 1951, l'Isola di San Giorgio tornò a rivestire il suo secolare ruolo nell'ambito dell'arte e della cultura grazie al conte Vittorio Cini. Egli infatti vi istituì la Fondazione Giorgio Cini in memoria del giovane figlio Giorgio morto tragicamente nel 1949 a seguito di un incidente aereo. S. Giorgio in Isola tornava così a nuova vita ospitando mostre e spettacoli, convegni e premiazioni (tra le quali per molti anni il premio letterario "Campiello"). Il parco venne risistemato mentre al suo interno fu edificata la piscina ed il Teatro Verde (1952). Tale teatro ha ospitato anni fa, durante il periodo estivo, numerose manifestazioni artistiche quali balletti, concerti e opere liriche. Per decenni nell'Isola di San Giorgio vi è stata anche la sede di un Istituto Marinaresco Professionale che ha formato personale qualificato di bordo per le navi. Nell'Isola di San Giorgio sono stati ospitati nel 1980 e 1987 gli incontri del G7 (quello che attualmente viene chiamato G8). La più importante attrazione dell'Isola di San Giorgio Maggiore è sicuramente la chiesa. La facciata ricorda quella della Basilica del Redentore, situata poco distante, sull'Isola della Giudecca, progettata sempre da Andrea Palladio. Sulla facciata si vedono le statue di Santo Stefano, San Giorgio e i busti dei dogi Tribuno Memmo e Sebastiano Ziani. L'interno della Basilica di San Giorgio è maestoso, a croce latina con transetto absidato e con tre navate sorrette da enormi pilastri. Si possono ammirare dei notevoli dipinti di Carpaccio, Palma il Giovane, Sebastiano Ricci, Bassano e Tintoretto. Di quest'ultimo pittore segnaliamo "La Caduta della Manna", "Lapidazione di Santo Stefano", "L'Ultima Cena" e "La Deposizione", dipinti tra il 1592 ed il 1594. Notevole è anche il monumento funebre del doge Leonardo Donà.

Basilica Santa Maria della Salute, Venezia

Direttamente all'entrata nel Canal Grande si trova una delle costruzioni indubbiamente più imponenti di Venezia: La Chiesa Santa Maria della Salute – un edificio di cui non potrebbe fare più a meno l´immagine della città. Fu costruita tra il 1631 ed il 1687 come ringraziamento per la liberazione dalla pestilenza nel 1630 che portò la morte a ben 40.000 veneziani. Così si decise di erigere una chiesa alla Vergine Santissima come segno di gratitudine. Questa enorme costruzione sacra con la sua gigantesca cupola fu eretta su oltre 100.000 pali di legno e ogni visitatore la può ammirare già da Piazza San Marco. Sfortunatamente solo pochi di questi visitatori hanno la briga di passare sull´altra sponda e di visitare anche gli interni di questa bellissima chiesa – davanti all´ingresso di Santa Maria della Salute si gode infatti di una vista spettacolare del centro di Venezia: Piazza San Marco, il Palazzo Ducale, la Basilica di San Marco ed il Campanile si presentano qui da un lato poco conosciuto, ma non meno affascinante! Gli interni di Santa Maria della Salute Gli interni della Chiesa di Santa Maria della Salute sono realizzati interamente nello stile rinascimentale veneziano. Otto enormi colonne sorreggono la cupola – e su entrambi i lati si trovano rispettivamente sei cappelle laterali. Uno dei più preziosi e belli gruppi scultorei della chiesa si trova sull´altare maggiore: La Madonna con bimbo, rappresentante la Salute che difende la città della laguna dalla pestilenza. Questo stupendo gruppo scultoreo fu realizzato dal fiammingo Giusto Le court e costituisce contemporaneamente anche la sua più importante opera. Sono complessivamente 120 sculture che addobbano la costruzione sacrale, tra cui anche una icona greco-bizantina della Madonna della Salute, proveniente dall´isola di Creta (da vedere anche sull´altare maggiore). Nella sacrestia potrete ammirare “Le nozze di Cana” di Tintoretto così come “Caino ed Abele”, “Il sacrificio di Abramo ed Isacco”, “Davide e Golia” e “San Marco in trono” di Tiziano. Ogni 21 novembre dell´anno si festeggia la Festa della Madonna della Salute. In quest´occasione si costruisce appositamente un ponte galleggiante attraverso il Canal Grande che i veneziani usano per recarsi sull´altra sponda a pregare.

Basilica di Sant'Eufemia

La basilica patriarcale di Sant'Eufemia è il principale edificio religioso di Grado (GO) e originaria cattedrale dell’abolito Patriarcato di Grado. Risalente al VI secolo, si erge sulla piazza dell'antica città patriarcale, affiancata dal battistero e dal campanile a cuspide del secolo XV. Sul luogo sorgeva una precedente basilica del V secolo, forse voluta dal metropolita di Aquileia Niceta al tempo dell'invasione di Attila. L'edificio, a pianta basilicale, venne ordinato da Elia, arcivescovo di Aquileia anch'egli in fuga da un'invasione: quella dei Longobardi. Quasi al contempo, Elia, in opposizione con papa Pelagio II a seguito della condanna dei Tre Capitoli, scelse la strada dell'autocefalia, proclamandosi patriarca, e, per riaffermare la propria fedeltà al concilio di Calcedonia, decise di intitolare la nuova chiesa a Sant'Eufemia di Calcedonia, patrona di quel concilio, consacrandola forse il 3 novembre 580. Contemporaneamente anche Agrippino, vescovo di Como, tenace sostenitore dello scisma diffondeva in terra lariana il culto di Sant'Eufemia di Calcedonia erigendo sull'Isola Comacina una Basilica dedicata a questa santa. Seguendo le intricate traversie della sua diocesi, tra il VI e l'inizio del VII secolo, la basilica fu sede del ramo filo-romano e filo-bizantino in cui si scisse il patriarcato, fino alla decisiva separazione tra le due chiese e la costituzione, negli anni 717 e 739 del Patriarcato di Grado. Costretta al sempre più stretto controllo dei Duchi di Venezia, delle cui terre era chiesa madre, più volte coinvolta negli scontri militari per la mai sopita rivalità coi vicini Patriarchi di Aquileia, la basilica di Sant'Eufemia prese a decadere a partire dal 1105, quando il nuovo patriarca, Giovanni Gradenigo, scelse di stare nella capitale: Venezia. La basilica mantenne tuttavia la titolarità della cattedra patriarcale anche dopo il riconoscimento pontificio, nel 1177, della residenza veneziana dei patriarchi. Nel 1451, però, con la soppressione del titolo gradense e l'istituzione del nuovo Patriarcato di Venezia, la basilica venne assimilata nella nuova diocesi, perdendo il titolo di cattedrale, trasferito alla basilica di San Pietro di Castello, a Venezia. Nel 1455 venne innalzato l'attuale campanile, sormontato da una statua segnavento in rame sbalzato del 1462, raffigurante San Michele Arcangelo. Il 22 settembre 1888 il vescovo di Gorizia Mons. Luigi Mattia Zorn consacra la Basilica e l'altare ai Santi Ermacora e Fortunato.

Chiesa di S. Vigilio, Pinzolo

La Chiesa di S. Vigilio di Pinzolo e l’affresco della Danza Macabra. La storia del secondo millennio delle popolazioni contadine della Val Rendena rivive nella Chiesa di S. Vigilio, costruita con le pietre di granito della Val Genova e adornata con il marmo di Ragoli ed il legno degli altari. La Chiesa di S. Vigilio di Pinzolo fu fondata nel 1362 e successivamente ampliata nel 1515. La struttura ha pianta rettangolare a tre navate, con archi e volte a sesto acuto sorrette da colonne in granito. La facciata medioevale è ricoperta da affreschi di epoche diverse: il più importante e singolare per il tema trattato è sicuramente la ormai famosa Danza macabra di Simone Baschenis, che nel 1539 su ordine della Confraternita dei Battuti volle imprimere nel tempo un messaggio di uguaglianza fraterna di fronte alla morte. L´affresco di Pinzolo occupa una fascia alta più di 2 m. e larga più di 22 ed è accompagnato da didascalie: ai testi dialettali di tono popolare si aggiungono citazioni di carattere dotto in lingua latina o volgare. Diversamente da quanto avviene in molte danze macabre dell´area franco-germanica, nell’affresco pinzolese le scritte non presentano una forma di dialogo tra morto e vivo, bensì quella di un monologo recitato solo dal morto. Venne terminato nell´ottobre del 1539, ed unitamente agli affreschi che si possono vedere all´interno della Chiesa di S. Vigilio, rappresenta nel suo insieme il maggior complesso pittorico di Simone Il Baschenis di Averaria.

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