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Fatti di Storia

Gli Ungari in Friuli

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Gli Ungari erano un popolo di origine uralica, nomade e predone che, insinuatosi fra i popoli slavi, compì numerose incursioni devastatrici in Italia ed in Germania. Non è dato sapere con precisione quali siano stati i limiti geografici delle loro spaventose irruzioni in Italia e in Germania. Si sa per certo, dalla lettura dei diplomi degli Ottoni, che preferirono il Friuli centrale fra Tagliamento e Torre, al Friuli montano e lagunare, senza peraltro escludere qualche puntata in altre direzioni.
In Italia vennero sicuramente dodici volte, e furono altrettanti "blitz" a cavallo, contro villaggi e castelli, colti di sorpresa, saccheggiati, bruciati. La loro apocalittica violenza, accoppiata ad una crudeltà che avrebbe fatto impallidire persino Attila "flagellum Dei", è ben descritta da Salomone di Costanza, che visitò l'Italia dopo la loro incursione del 904: "Ci stanno dinanzi le città prive di cittadini ed i campi desolati perché privi di coltivatori. Le pianure biancheggiano delle secche ossa degli uccisi; non credo che i vivi eguaglino il numero di quelli che furono uccisi". Alcuni cronisti riferiscono che gli Ungari erano cannibali, e questa é probabilmente una esagerazione; il cannibalismo non riuscirebbe tuttavia a peggiorare il giudizio su un fenomeno che compromise "in modo cosi grave la continuità degli sviluppi storici da determinare una netta e pesante cesura fra l'Alto Medioevo friulano e l'età romanico-gotica" (Menis).
Ma non meno severo deve essere il giudizio per un sistema politico tanto deteriorato da essere incapace di arginare un cosi devastante flagello. D'altra parte, in determinati periodi storici, tutti gli uomini sembrano incapaci di vedere un pericolo, il vero pericolo, perché sono intenti ad inseguire chimere; oppure lo vedono benissimo, individualmente, ma sono socialmente incapaci di produrre un'azione efficace per contrastarlo. E la prima meta del secolo decimo è appunto uno di questi periodi.
Scarse sono le notizie sul Friuli nei primi cinquant'anni del decimo secolo, però sono tutte concordi nel testimoniare un crollo generale delle istituzioni, frequenti lotte fra feudatari e liti con Venezia a causa di Grado. Sappiamo anche, ed é un particolare della massima importanza, che contro gli Ungari lottò, anche militarmente e con qualche fortuna, il Patriarca Federico, che rimase sul trono di Aquileia dal 900 al 922. Mentre Berengario era assente ed in lotta contro i pretendenti al trono, mentre i suoi feudatari erano in perenne contesa, era la Chiesa di Aquileia che si prendeva cura delle popolazioni rurali affamate e terrorizzate dagli Ungari. Non meraviglia quindi la sua crescita di prestigio e la sua funzione politica nei secoli successivi.
Agli occhi degli imperatori sassoni, dopo la parentesi ungara, cioè nella seconda meta del secolo X, l'organizzazione ecclesiastica aquileiese apparirà come l'unica struttura esistente nella regione, utilizzabile anche per scopi civili e politici.
I patriarchi, d'altra parte, dimostreranno che la fiducia imperiale era ben riposta. Sotto la loro direzione si restaurano i castelli distrutti e se ne costruirono altri, vengono riparati i guasti delle devastazioni nei villaggi, e siccome l'agricoltura senza braccia non può risorgere, si promuove l'immigrazione di nuclei slavi nella vastata Hungarorum (si tratta per la precisione di insediamenti dal toponimo inconfondibile, come Gradisca, Gradiscutta, Gorizzo, Goricizza, Lestizza, Belgrado, ecc.) e ci si avvale della preziosa opera dei Benedettini, veri specialisti anche in materia di colonizzazione.
(A rettifica di un errore molto diffuso e ripetuto, è doveroso ricordare che, come ha recentemente dimostrato Carlo Guido Mor, le parole "vastata Hungarorum"" non figurano nei diplomi degli Ottoni e di Enrico II. Nella storiografia friulana sono comparse per un'errata lettura, da parte di Giuseppe Valentinelli, dell'espressione "via vel strata Hungarorum", via ovvero strada degli Ungari).
Il Friuli si rimette lentamente e faticosamente in moto, anche se, in base al noto broccardo "primum vivere deinde philosophari", deve pensare per molti anni ai bisogni materiali. L'arte infatti, vi è quasi assente.
Se paragoniamo la nostra ad altre più fortunate regioni italiane di quel tempo, che era il tempo della primavera romanica, ci ritroviamo a contemplare una "grama civiltà" (Menis).

G. FASOLI, Le incursioni ungare in Europa nel secolo X, Firenze 1945.
G. C. MENIS, Storia del Friuli, Udine 1969.

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