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Fatti di Storia

La fortezza del Montefesta

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Cavazzo Carnico (UD)

Friuli Venezia Giulia

Cavazzo Carnico è un vasto comune della conca tolmezzina, il cui toponimo deriva dal latino “cavus” nel senso di luogo dove si raccolgono le acque. Comprende oltre al capoluogo le...

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Il Montefesta è un rilievo montuoso, alto circa 1000 m s.l.m., esso è posto in un sito che: verso Nord domina il corso del fiume Tagliamento laddove confluisce col fiume Fella, verso Sud fa da sponda al lago di Cavazzo ed in direzione della friulana lascia intravedere la rocca di Osoppo con la sua fortezza. Il Monte Amariana ed il Monte S. Simeone, fedeli sentinelle, completano lo schieramento di presidio, il primo da Nord il secondo da Est. Appollaiato su questo picco alpestre un manipolo di uomini "…difensori del Montefesta che nulla sperarono, nulla chiesero, e tutto diedero…", reagiva allo scoramento, mentre attorno dilagava verso il cuore delle pianure italiane la marea di Austriaci, Tedeschi, Croati, Polacchi, Montegrini Dinarici, riscattando il decoro nazionale infranto dal flusso di un'altra marea: quella del Fante italiano costretto alla fuga dall'arrogante incompetenza di alcuni suoi capi militari, privi di ogni strategia e tattica di guerra. Il Capitano di complemento ing. Riccardo Noel Winderling da Milano, il Ten. Umberto Tomei, il Ten. Alfredo Ferrari, centoventi soldati della VII Compagnia VIII Fortezza, 30 militi della IV Sez. Antiaerei, 20 del 150° Batt. Milizia Territoriale 5 eliografisti del III Genio 2 Telefonisti del I Regg. Fanteria nonché due marescialli con le loro gesta, sono entrati nella fantasia leggendaria delle narrazioni dei valligiani attraverso semplici episodi animati dal solo senso del dovere arricchito di un sempre più raro ingrediente: l'orgoglio nazionale.

Fatti d'arme

La fortezza, voluta agli inizi del XX secolo, assieme al forte del Monte Bernadia ed altre opere minori sparse in tutto il Friuli, dal Capo di S.M. Gen. Pollio, era nata al fine di costituire una cintura fortificata a difesa del Friuli. La Storia si ripeteva, ed ancora una volta, al sito si affidava il ruolo difensivo che già altri capi militari, nei secoli passati, gli avevano conferito per fronteggiare il nemico di sempre che calava dal Nord. Presto però la funzione strategica dell'opera venne a mancare e, proprio quando nel 1910 la fortezza ormai nella fase finale dell'allestimento vedeva l'ultimazione delle opere di fortificazione, veniva posta in stato di disarmo avendo perso la propria valenza tattica. Il grande conflitto mondiale del 1915-1918, che di lì a poco sarebbe esploso con tutta la sua virulenza, avrebbe avuto, infatti, come teatro operativo un'altra vallata quella dell'Isonzo posta subito ad oriente rispetto a quella dominata dalla fortezza.
A fine Ottobre 1917 le nostre truppe, dopo tre anni trascorsi sempre all'attacco, a costo di immani sacrifici e di incredibili carneficine, con il sanguinoso obiettivo di conquistare pochi metri di terra carsica e poche rocce isontine si lasciavano sorprendere dalle truppe germaniche che, inviate, a supportare gli austroungarici ormai stremati e decimati, spezzavano la difesa nel punto più debole del fronte dell'Isonzo e dilagavano dalle vallate di Caporetto verso le pianure d'Italia.
Il panico e lo scoramento collettivo si aggiungevano ad una situazione resa già molto difficile dalla ottusità burocratica degli alti comandi italiani che, proiettati solo all'attacco non avevano contemplato la pur minima ipotesi difensiva o di ritirata strategica.
Il giorno 27 Ottobre 1917 un dispaccio del Comando Artiglieria del XII Corpo d'Armata a firma del generale Sacchero al Cap. Winderling: "D'Ordine del Comando Supremo il Forte del Monte Festa deve essere messo subito in istato di efficienza: resistere se attaccato. Hanno pertanto valore a questo riguardo le prescrizioni sancite dal regolamento del servizio in guerra paragrafo 52 e seguenti".
"Sono persuaso che Ella pienamente conscia dei doveri che dalla autorità derivano, saprà a tali prescrizioni uniformare la sua condotta" ed a tali criteri l'Ingegnere Cap. di complemento N. Riccardo Winderling uniformò la propria condotta fino all'ultimo arricchendola del proprio intelligente spirito di iniziativa. Del suo operato e di quello del suo presidente, si riporta un breve resoconto estratto dal Libro "La Fortezza di Montefesta", edito nel 1926, autore Antonio Faleschini: Il 30 Ottobre 1917 l'osservatorio posto sulla forcella di Monte Amariana comunicava, a mezzo eliografi, che le nostre truppe, mentre ripiegavano verso ovest, avevano fatto saltare il ponte che collegava la vallata di Tolmezzo con Stazione della Carnia, dove il nemico stava concentrando le sue truppe.
Aveva inizio la prima azione bellica della fortezza con un tiro basato solo sulla teoria dei calcoli in quanto la nebbia ne impediva la verifica diretta: il Forte disarmato poco dopo la costruzione si trovava, adesso, in primissima linea.
Il 31 Ottobre la visibilità migliorata consente di rettificare il tiro grazie alle informazioni che provengono dagli osservatori del Monte Amariana e del Monte S. Simeone i tiri vengono alternati tra le tre batterie (due da 149 ed una da 75) affinché tutte abbiano la possibilità di aggiustare il proprio tiro.
1° Novembre: l'osservatorio di Monte Amariana cade nelle mani del nemico e per la verifica dei tiri non resta che quello del S. Simeone, intanto il nemico ha costruito una passerella che gli consente la marcia, e successivamente occupazione di Tolmezzo, il Forte tambureggia questo attraversamento col proprio fuoco e decima una colonna di trecento uomini e carriaggi.
2 Novembre: il nemico si appresta ad attaccare dal ponte di Braulins, nell'ala sottocosta al blocco montuoso e pertanto in una zona assolutamente non visibile né dal Montefesta né dall'osservatorio del monte S. Simeone, il Comando della 63° divisione, via eliogramma , ordina che il Forte diriga colà il proprio tiro; i proietti cadono sul punte grazie all'abilità degli artiglieri italiani che, non potendo verificare l'effetto dei propri colpi, possono fare affidamento sui soli dati di calcolo.
2 Novembre: le truppe occupanti consolidano le opere di attraversamento del Fella con armature di legno ed il Forte le tiene sotto tiro mentre, sempre su ordine della 63° Divisione, il Forte riversa il tiro attivo su tutta quella parte della zona Nord su cui può battere il fuoco ed ostacolare il nemico che preme sulle nostre truppe fuggiasche. Il 4 ed il 5 novembre gli episodi incalzano assumendo una connotazione che prelude agli avvenimenti finali della breve storia di questa Fortezza: nella notte che precede il giorno 4 il Comando della 63° divisione invia 25 soldati del 280° fanteria, il loro arrivo è prezioso in quanto contribuisce a dare al nemico la sensazione che le difese del forte siano più cospicue della realtà. Essi vengono distribuiti tra la selletta che domina Stazione per la Carnia ed altre postazioni del monte, durante il giorno, finalmente, i tiri del Forte riescono ad abbattere la passerella sul Tagliamento; mentre la 63° divisione comincia a ripiegare, il nemico con pezzi da 105, inizia il bombardamento della fortezza e così continua per tutto il pomeriggio.
Il giorno successivo il Forte è diventato come un isolotto circondato com'è da tutti i lati dalle truppe dell'invasore dilagante. Nella notte tra il 5 ed il 6 novembre, dopo che aerei nemici hanno sorvolato per tutta la giornata la piazzaforte, il nemico sferra il primo attacco respinto nonostante l'unica mitragliatrice che per giunta funziona in modo discontinuo.
6 novembre: l'unica mitragliatrice, i pochi soldati ed i pochi fucili vengono continuamente spostati qua e là nella fortezza per ingannare l'attaccante sulla consistenza numerica delle difese, mentre i pezzi di artiglieria continuano egregiamente il proprio lavoro.
Alle ore 9 compaiono le prime divise dell'attaccante che, affrontando il monte da diverse direzioni, si raduna in prossimità del presidio nell'unico punto in cui il tiro delle artiglierie non può colpirli, le uniche difese del Forte si riducono allora ai fucili ed all'unica mitragliatrice, che s'inceppa definitivamente proprio nel momento in cui è indispensabile.
Si ricorre allora, episodio per nulla raro nella prima guerra mondiale, alle armi più arcaiche che riconducono la battaglia alle risorse tecnologiche della preistoria: il lancio di blocchi di roccia spinti sul ciglio e fatti rotolare alla volta dell'invasore… il nemico alza bandiera bianca ed un ufficiale austriaco e due soldati entrano, bendati nel Forte. Il foglio che recano è del Comando della X Armata Austriaca:
"Al Regio Presidio Italiano di Monte Festa" "… siete circondato da ogni parte ed invitato ad arrendervi. Il nostro parlamentare è atteso di ritorno per le ore 11."
Il Comando della Fortezza offre loro una abbondante colazione per simulare risorse di viveri ed una situazione tranquilla e, dopo aver consultato gli ufficiali risponde:
"Al Comando della Imperial Regia Armata Austriaca"
"Al foglio di Codesto Comando chiedente la resa del Forte, inviatomi stamane a mezzo parlamentare, ho l'ordine di rispondere negativamente". I parlamentari, bendati, si allontanano dal Forte, ma non così fanno le truppe nemiche che restano appostate in attesa di occupare il Forte mentre il Comandante, raduna tutto il presidio e comunica: "Il Forte ha assolto il proprio compito… all'imbrunire esaurite le munizioni saranno fatte saltare le nostre artiglierie… Dopo di chè sarà tentata la fuoriuscita, nella speranza di ricongiungerci al nostro esercito in ritirata…"
"Preferisco questo tentativo all'attesa passiva sulle macerie del nostro Forte Inutilizzato… coloro che si sentono ancora abbastanza validi per arrischiare con me nuove fatiche… piuttosto che arrendersi su questa vetta… coloro soltanto mi seguano".
Cento uomini si dichiarano pronti a seguire il Comandante, gli altri, esausti ammalati o feriti, rimangono affidati alle cure del Tenente Medico Del Duca. Il presidio si lancia così nell'avventura e corre nell'illusione che le linee italiane siano vicine, essi non sanno che si sono attestate al di là del Piave, prima di distruggere le batterie un altro successo: il Forte Montefesta è riuscito a far saltare il deposito munizioni, ormai in mano nemica.

Tratto da "LA FORTEZZA DEL MONTE FESTA" edito da A.F.A. Pubblicità a cura di Sergio Silvestri

1989