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Musei, gallerie d'arte e mostre permanenti

Museo Archeologico dell'Alto Adige

Il Museo Archeologico dell’Alto Adige si trova nella centrale via Museo a Bolzano, proprio di fronte al Museo Civico, e fu inaugurato nel 1998. Dal 2005 il museo fa parte degli „Musei provinciali altoatesini“, un’ente che riunisce ben otto musei provinciali, dei quali per esempio fanno parte anche il Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige a Bolzano o il Museo provinciale del vino a Caldaro. Il museo documenta la storia della regione, dal periodo paleolitico e mesolitico (15.000 a.C.) fino all’epoca carolingia (800 d.C.). Vengono esposti reperti originali, ricostruzioni, video ed anche stazioni multimediali interattive. La mummia di Ötzi è stata scoperta sulle Alpi dell’Ötztal, vicino il Similaun a 3.210 m di altezza. Il luogo del ritrovamento si trova esattamente 92,55 metri prima del confine con l’Austria ed è per questo che oggigiorno la mummia rientra nella proprietà dell’Italia. La mummia venne trovata il 19 settembre 1991 da una coppia della Germania. Fu una vera e propria sensazione, dato che si tratta del primo cadavere trovato in uno stato quasi perfetto. Grazie alle condizioni climatiche del ghiacciaio venne conservato mediante un “metodo“ del tutto naturale. Dopo vari anni di ricerca da parte di scienziati specializzati è possibile ricostruire quasi l’intera vita di Ötzi. Così sappiamo oggi che l’uomo venuto dal ghiaccio visse intorno al 3.300 a.C. e che morì una morte naturale. Ötzi alla sua morte dovrebbe aver avuto 45 anni e il suo corpo misurò 1,58 m. Da marzo 1998 la mummia si trova nel museo archeologico di Bolzano ed è quindi accessibile al pubblico. Nel museo stesso si ha dovuto progettare un apposita struttura che mantiene l’umidità (98%)e le condizioni climatiche (-6°C)che servono a conservare il cadavere. Inoltre, una gran parte del museo oggi è dedicata a Ötzi. Vengono esposti resti di indumenti e oggetti personali che vennero ritrovati vicino a Ötzi e raccontano la sua storia dall’A alla Z. Grazie alla sua quasi perfetta conservazione, questa mummia è oggi una delle più famose ed importanti del mondo.

Palazzo Grimani, Venezia

Esiste un gioiello rinascimentale nelle viscere di Venezia, che da 27 anni nessuno aveva più avuto la possibilità di ammirare. In Ruga Giuffa, a due passi da Campo Santa Maria Formosa, sta Palazzo Grimani, dimora cinquecentesca dei nobili fratelli Vettore e Giovanni Grimani, procuratore di San Marco il primo, patriarca di Aquileia il secondo. Più che un palazzo, uno scrigno principesco decorato con elementi architettonici, stucchi e affreschi di Francesco Salviati, Federico Zuccari, Camillo Mantovano e Giovanni da Udine. Un “unicum” nel panorama artistico veneziano che dal 1981 è stato acquistato dallo Stato e che adesso viene restituito al pubblico dopo quasi trent’anni di restauri. A inaugurarlo, lo stesso ministro per i Beni e le Attività culturali Sandro Bondi, proprio per sottolineare la straordinarietà dell’evento. Perché Palazzo Grimani diventa adesso il quinto nucleo del Polo museale veneziano, a fianco delle Gallerie dell’Accademia, della Galleria Franchetti alla Ca’ D’Oro, del Museo d’Arte Orientale e del Museo Archeologico Nazionale. I visitatori potranno entrare in questa dimora storica dove architettura, pittura e archeologia convivono in un edificio che è museo di sé stesso: tra pavimenti a pastellone veneziano illuminati dai cromatismi pompeiani, preziosi marmi policromi, volte magnificamente affrescate, una scala a chiocciola attribuita al Palladio e soprattutto una tribuna che accoglieva la collezione di antichità greche e romane dei fratelli Grimani. Ma la passione collezionistica della famiglia Grimani ci rende oggi anche capolavori di pittura di Tiziano, Veronese, Bassano e Tintoretto, oltre alle straordinarie “Visioni dell’Aldilà” di Hieronimus Bosch.

Palazzo Mocenigo, Venezia

Nel 1945 il palazzo Mocenigo di San Stae, con l'archivio e parte degli arredi, fu donato per disposizione testamentaria al Comune di Venezia da Alvise Nicolò, ultimo discendente della nobile famiglia veneziana, affinché venisse utilizzato "per Galleria d'Arte, a completamento del Museo Correr". Sul finire degli anni settanta, alla morte della moglie Costanza Faà di Bruno, pervenirono ai Civici Musei le stanze del primo piano nobile con le decorazioni ad affresco e gli arredi, per lo più settecenteschi. Nel 1985, dopo consistenti interventi di restauro, l'appartamento Mocenigo venne aperto al pubblico come museo, senza peraltro perdere il fascino e l'atmosfera della casa vissuta. Nello stesso anno venne istituito a palazzo Mocenigo il Centro Studi di Storia del Tessuto e del Costume. Il percorso di visita si snoda lungo le sale del primo piano nobile e propone un'ampia selezione dei più importanti capi d'abbigliamento e accessori appartenenti alle collezioni. I criteri espositivi scelti intendono, per quanto possibile, mettere in relazione l'evoluzione delle fogge vestimentarie con i mutamenti di gusto che interessano anche gli arredi, sottolineando così corrispondenze e analogie nelle linee, nei motivi decorativi, nei colori. Gli abiti e gli accessori esposti, per lo più di provenienza veneziana, sono realizzati in tessuti operati, spesso impreziositi da ricami e merletti, e ben documentano le capacità di una folta schiera di artigiani (tessitori, sarti, merlettaie, ricamatori, ecc.) che hanno contribuito alla creazione di quell'eleganza raffinata e lussuosa per la quale i veneziani erano allora famosi.

Collezione Peggy Guggenheim, Venezia

La Collezione Peggy Guggenheim è uno dei più importanti musei in Italia per l'arte europea ed americana della prima metà del XX secolo. Ha sede a Venezia presso Palazzo Venier dei Leoni, sul Canal Grande, in quella che fu l'abitazione di Peggy Guggenheim. Il museo fu inaugurato nel 1980 e ospita la collezione personale di arte del ventesimo secolo di Peggy Guggenheim, ma anche i capolavori della Collezione Gianni Mattioli, il Giardino delle sculture Nasher e mostre temporanee. I più grandi artisti del XX secolo frequentavano la casa di Peggy, che mantiene la sua atmosfera di residenza d'arte e di luogo di ispirazione. Camminare tra gli arredi in pelle bianca, la testiera del letto di Peggy in argento creata da Calder e le piccole sculture in vetro blu disegnate da Picasso, sedersi a osservare Alchimia di Pollock mentre dietro scorre il Canal Grande è una delle esperienze più mistiche che Venezia sa dare. Tra le opere della collezione permanente ci sono capolavori del Cubismo, del Futurismo, dell'Astrazione europea, del Surrealismo e dell'Espressionismo astratto americano, con opere, tra gli altri, di Picasso, Pollock, Kandinsky, Miró, de Chirico, Dalí. Il museo ospita periodicamente importanti mostre temporanee ed è ricco d’iniziative gratuite rivolte ai veneziani (la Settimana Gratuita, Tai Chi in terrazza), ai giovani (HappySpritz), alle famiglie (i Kids Days ogni domenica, gratuiti). Peggy Guggenheim (1898–1979), acquisì la maggior parte delle sue opere tra il 1938 e il 1947, in Europa e a New York. Nel 1942 aprì la galleria-museo Art of This Century a New York, dove espose la propria collezione d’arte dell’avanguardia europea e organizzò mostre dedicate a giovani artisti americani, quali Robert Motherwell, William Baziotes, Clyfford Still e Jackson Pollock. Nel 1948 la collezione fu esposta alla prima Biennale di Venezia del dopoguerra. Fu allora che Peggy Guggenheim acquistò Palazzo Venier dei Leoni, dove visse 30 anni, oggi sede del suo museo. Nel 1976 Peggy Guggenheim donò il palazzo e la collezione alla Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York, che gestisce anche il Museo Solomon R. Guggenheim di New York, il Guggenheim Museum Bilbao (insieme al governo dei Paesi Baschi) e il Deutsche Guggenheim Berlin (insieme alla Deutsche Bank). Altre opere della collezione permanente si ammirano nello splendido Patsy R. and Raymond D. Nasher Sculpture Garden della Collezione Peggy Guggenheim.

Ca' d'Oro, Venezia

Ca’ d’Oro. La Ca’ D’Oro, antica dimora patrizia del Quattrocento, raccoglie la collezione d’arte donata allo Stato dal Barone Giorgio Franchetti che acquistò l’edificio nel 1894. In questa casa di stile gotico veneziano, i visitatori possono ammirare i dipinti di scuola veneta tra i quali il celebre “San Sebastiano” di Andrea Mantegna, altre opere di scuola toscana e fiamminga ed anche splendidi bronzetti e sculture rinascimentali. La Ca’ d’Oro, uno dei più prestigiosi palazzi tardogotici di Venezia, ospita su due piani l’importante collezione d’arte del barone Giorgio Franchetti (1865-1927), che nel 1916 donò allo Stato italiano le sue raccolte e l’edificio stesso, dopo averne ripristinato, con ingenti restauri, lo splendore originario. La collezione del nobiluomo, comprendente mobili, dipinti, medaglie, arazzi, bronzetti e sculture, fu ampliata nel corso degli anni con l’annessione di opere rinascimentali provenienti da edifici religiosi soppressi o demoliti e nuclei collezionistici provenienti dalle Gallerie dell’Accademia e dal Museo Archeologico, mentre una nuova sezione espositiva dedicata alla ceramica veneziana ha trovato spazio, dal 1992, nell’attiguo Palazzo Duodo. Non si esaurisce alla sola Galleria, aperta al pubblico nel 1927, la visita del palazzo, che ancora conserva, nel suo complesso, la struttura dell’antica casa fondaco veneziana. Di particolare interesse è la corte interna, con il suggestivo mosaico pavimentale in marmi antichi, realizzato dal barone stesso ad evocazione delle basiliche paleocristiane, e l’originaria vera da pozzo scolpita da Bartolomeo Bon nel 1427. Nell’atrio – a ideale custodia dell’edificio e delle sue sorti – riposano, sotto un cippo di porfido, le ceneri di Giorgio Franchetti.

Museo Scarpa, Treviso

Adiacente alla facciata della Chiesa di San Nicolò di Treviso, attraverso la porta che dà accesso al Seminario Vescovile, si può entrare nei saloni dell’ex convento sede ora anche dei Musei Dino Grossa e Giuseppe Scarpa. Il Museo Scarpa, nella storia di Treviso, ha sempre rivestito una grande importanza dal punto di vista didattico per le scolaresche e per la cittadinanza essendo unico del suo genere. Entrambi i Musei, ufficialmente non ancora aperti al pubblico, sono comunque visitabili anche a piccoli gruppi previa prenotazione. Il Museo Scarpa deve il suo nome al dottore in scienze naturali Giuseppe Scarpa, nato a Treviso nel 1851, che, fin da giovane, iniziò una vasta raccolta di esemplari di animali presenti non solo nella Marca Trevigiana, ma anche provenienti da varie parti del mondo. Esperto tassonomista ed amante degli animali, ospitò in casa, sita in Via Gualpertino da Coderta, la sua collezione, nonché in alcuni suoi possedimenti, ben 150 esemplari vivi tra mammiferi, uccelli per lo più rapaci, rettili ed anfibi. È nel 1914 che lo Scarpa decide di donare al Seminario Vescovile la sua vasta raccolta di animali, alcune migliaia, per lo più vertebrati. Nelle sale del Museo gli animali sono conservati all’interno di alcune vetrine, in recipienti con liquidi fissativi od alcool. Nel caso di pesci di grandi dimensioni e di uccelli, gli stessi sono stati imbalsamati con arte e perizia dallo stesso Scarpa che ha saputo ritrarre gli animali nelle loro più tipiche e caratteristiche espressioni. Nella sala più grande sono state allestite una serie di vetrine che contengono per la maggior parte animali raccolti tra la seconda metà del 1800 ed i primi anni del 1900. Tra la moltitudine di animali esposti colpiscono l’attenzione: Nella sala più grande sono state allestite una serie di vetrine che contengono per la maggior parte animali raccolti tra la seconda metà del 1800 ed i primi anni del 1900. Tra la moltitudine di animali esposti colpiscono l’attenzione: - la vetrina contenente vari esemplari appartenenti alla famiglia degli squali conservati sia impagliati che in contenitori di vetro "contenenti del liquido conservante". - due vetrine contenenti una vasta e dettagliata raccolta di uccelli palustri e limicoli: quattrocchi, morette, codoni, fenicotteri, pollo sultano, cavaliere d’Italia, avocette, cigni reali, aironi, garzette, tarabusini, ibis, spatole, cicogne e gabbiani. - una vetrina contenente una ricca collezione di frigillidi: ciuffolotti, lucherini, cardellini, organetti, frosoni e crocieri. - una vetrina con quasi tutte le specie appartenenti alla famiglia degli zigoli: tra i quali lo zigolo delle nevi, nero, giallo di Lapponia, dal collare, di palude, minore. Molti gli esemplari appartenenti alla specie dei picchi, quali il picchio rosso maggiore, muratore, muraiolo, tridattilo e nero. Tra le rondini: rondine comune, rossiccia, balestruccio e purpurea. - Interessante è anche la collezione di uccelli da preda sia notturni che diurni. Tra i primi spiccano imponenti dei gufi, allocchi, varie specie di civette, mentre tra i rapaci diurni sono visibili dei begli esemplari di aquile, grifoni, avvoltoi, falchi e poiane. - In un’altra area della sala sono visibili una serie di animali marini quali i pinguini, gabbiani, stercorari, berte, strolaghe. Ben rappresentata è anche la famiglia dei rettili e degli anfibi con varie specie di rane, tartarughe, iguane e di Sauri (lucertole e camaleonti). Dalla prima sala si accede alla seconda nella quale l’attenzione è subito colpita da alcuni animali africani impagliati (leone, giraffa e gazzella). Appesi al muro sono visibili alcuni trofei di antilopi africane, elefanti e rinoceronti. Numerosi sono anche gli esemplari di tartarughe, delfini, squali ed alligatori impagliati. In un’altra vetrina sono esposti alcuni rappresentanti dei mustelidi: faina, donnola e furetto e dei roditori quali la marmotta e lo scoiattolo. Parte dello spazio espositivo della seconda sala è dedicato anche ai minerali ed a variopinte conchiglie contenute in alcune teche. Sempre all’interno del complesso del Seminario Vescovile di Treviso in Piazzetta Benedetto XI, lungo un salone che conduce al Museo Scarpa alcune vetrine sono dedicate alla ricostruzione dello stile di vita di alcune tribù di Indios Venezuelani. Si trovano esposti numerosi utensili di uso quotidiano delle tribù amazzoniche dei Piaroas, Makiritares, Panares, Guarao e Motilon, per lo più costruiti con ossa di animali locali come il paca e il tapiro; tali vetrine sono parte del Museo etnografico degli Indios Venezuelani. L’attenzione del visitatore è colpita da numerosi tipi di frecce, faretre, collane, portaoggetti di varie dimensioni ed alcuni strumenti musicali a fiato, materiale quasi interamente raccolto dal sacerdote Dino Grossa, a cui pure è dedicato il Museo, partito per il Venezuela nel 1949 come missionario in aiuto delle popolazioni locali.

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