Museo Scarpa, Treviso
Adiacente alla facciata della Chiesa di San Nicolò di Treviso, attraverso la porta che dà accesso al Seminario Vescovile, si può entrare nei saloni dell’ex convento sede ora anche dei Musei Dino Grossa e Giuseppe Scarpa. Il Museo Scarpa, nella storia di Treviso, ha sempre rivestito una grande importanza dal punto di vista didattico per le scolaresche e per la cittadinanza essendo unico del suo genere. Entrambi i Musei, ufficialmente non ancora aperti al pubblico, sono comunque visitabili anche a piccoli gruppi previa prenotazione. Il Museo Scarpa deve il suo nome al dottore in scienze naturali Giuseppe Scarpa, nato a Treviso nel 1851, che, fin da giovane, iniziò una vasta raccolta di esemplari di animali presenti non solo nella Marca Trevigiana, ma anche provenienti da varie parti del mondo.
Esperto tassonomista ed amante degli animali, ospitò in casa, sita in Via Gualpertino da Coderta, la sua collezione, nonché in alcuni suoi possedimenti, ben 150 esemplari vivi tra mammiferi, uccelli per lo più rapaci, rettili ed anfibi.
È nel 1914 che lo Scarpa decide di donare al Seminario Vescovile la sua vasta raccolta di animali, alcune migliaia, per lo più vertebrati.
Nelle sale del Museo gli animali sono conservati all’interno di alcune vetrine, in recipienti con liquidi fissativi od alcool.
Nel caso di pesci di grandi dimensioni e di uccelli, gli stessi sono stati imbalsamati con arte e perizia dallo stesso Scarpa che ha saputo ritrarre gli animali nelle loro più tipiche e caratteristiche espressioni.
Nella sala più grande sono state allestite una serie di vetrine che contengono per la maggior parte animali raccolti tra la seconda metà del 1800 ed i primi anni del 1900. Tra la moltitudine di animali esposti colpiscono l’attenzione: Nella sala più grande sono state allestite una serie di vetrine che contengono per la maggior parte animali raccolti tra la seconda metà del 1800 ed i primi anni del 1900. Tra la moltitudine di animali esposti colpiscono l’attenzione:
- la vetrina contenente vari esemplari appartenenti alla famiglia degli squali conservati sia impagliati che in contenitori di vetro "contenenti del liquido conservante". - due vetrine contenenti una vasta e dettagliata raccolta di uccelli palustri e limicoli: quattrocchi, morette, codoni, fenicotteri, pollo sultano, cavaliere d’Italia, avocette, cigni reali, aironi, garzette, tarabusini, ibis, spatole, cicogne e gabbiani.
- una vetrina contenente una ricca collezione di frigillidi: ciuffolotti, lucherini, cardellini, organetti, frosoni e crocieri.
- una vetrina con quasi tutte le specie appartenenti alla famiglia degli zigoli: tra i quali lo zigolo delle nevi, nero, giallo di Lapponia, dal collare, di palude, minore. Molti gli esemplari appartenenti alla specie dei picchi, quali il picchio rosso maggiore, muratore, muraiolo, tridattilo e nero. Tra le rondini: rondine comune, rossiccia, balestruccio e purpurea.
- Interessante è anche la collezione di uccelli da preda sia notturni che diurni. Tra i primi spiccano imponenti dei gufi, allocchi, varie specie di civette, mentre tra i rapaci diurni sono visibili dei begli esemplari di aquile, grifoni, avvoltoi, falchi e poiane.
- In un’altra area della sala sono visibili una serie di animali marini quali i pinguini, gabbiani, stercorari, berte, strolaghe. Ben rappresentata è anche la famiglia dei rettili e degli anfibi con varie specie di rane, tartarughe, iguane e di Sauri (lucertole e camaleonti).
Dalla prima sala si accede alla seconda nella quale l’attenzione è subito colpita da alcuni animali africani impagliati (leone, giraffa e gazzella). Appesi al muro sono visibili alcuni trofei di antilopi africane, elefanti e rinoceronti. Numerosi sono anche gli esemplari di tartarughe, delfini, squali ed alligatori impagliati.
In un’altra vetrina sono esposti alcuni rappresentanti dei mustelidi: faina, donnola e furetto e dei roditori quali la marmotta e lo scoiattolo. Parte dello spazio espositivo della seconda sala è dedicato anche ai minerali ed a variopinte conchiglie contenute in alcune teche.
Sempre all’interno del complesso del Seminario Vescovile di Treviso in Piazzetta Benedetto XI, lungo un salone che conduce al Museo Scarpa alcune vetrine sono dedicate alla ricostruzione dello stile di vita di alcune tribù di Indios Venezuelani. Si trovano esposti numerosi utensili di uso quotidiano delle tribù amazzoniche dei Piaroas, Makiritares, Panares, Guarao e Motilon, per lo più costruiti con ossa di animali locali come il paca e il tapiro; tali vetrine sono parte del Museo etnografico degli Indios Venezuelani.
L’attenzione del visitatore è colpita da numerosi tipi di frecce, faretre, collane, portaoggetti di varie dimensioni ed alcuni strumenti musicali a fiato, materiale quasi interamente raccolto dal sacerdote Dino Grossa, a cui pure è dedicato il Museo, partito per il Venezuela nel 1949 come missionario in aiuto delle popolazioni locali.