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Montagne e valli

Val di Non

La Val di Non è famosa per le mele di alta quota. Offre al visitatore un paesaggio spettacolare con boschi, prati, laghi, villaggi e vette. Da Mezzocorona in Val d’Adige, la Valle di Non si sviluppa lungo il fiume Noce fino al Lago di Santa Giustina presso Cles, e prosegue lungo il Rio Novella fino a San Felice, che si trova già in Provincia di Bolzano ed è, a differenza del resto della valle, già abitata da una popolazione germanofona. La valle è punto di partenza ideale per escursioni nelle Dolomiti di Brenta, sulla Mendola, sull’Ortles, ma anche verso Caldaro e Merano in Alto Adige ed è nota anche per i suoi laghi. Tra di loro il lago artificiale di Santa Giustina, il Lago di San Felice, ed il Lago di Tovel, famoso per il fenomeno naturale unico al mondo che lo colorava di rosso in un particolare momento dell’anno in seguito alla fioritura di un’alga. Chiusa a nord dalla catena montuosa delle Maddalene, a sud-ovest dalle Dolomiti di Brenta, a est dal sottogruppo orientale dei monti Anauni, a sud dal massiccio della Paganella e dalla sella di Andalo, la Val di Non è accessibile dalla Val di Sole (Passo Tonale-Lombardia), dalla Val d’Adige (Mezzocorona), dai valici della Mendola (per Caldaro, Alto Adige) e della Palade (verso Merano). Da Trento fino a Cles è servita da una linea ferroviaria, da Caldaro al Passo della Mendola invece da una funicolare. La Val di Non è ideale per chi vuole trascorrere vacanze lontane dallo stress e per chi cerca un paesaggio naturale coniato colline, boschi e laghi dislocati su un altopiano. I suggestivi paesi della valle, i castelli ed i santuari caraterizzano luoghi rimasti intatti dal punto di vista naturale ma anche fedeli alle tradizioni culturali.

Cansiglio

Il massiccio del Cansiglio, dall'altitudine media di 1000 metri ( con il Monte Croseraz che tocca i 1694 metri), è costituito da rocce sedimentarie di origine marina ed è tutto modellato dal carsismo. La sua parte centrale è costituita da un ampio bacino in cui convergono tre depressioni più piccole: il Pian Cansiglio, Cornesega e Valmenera. Poi è un susseguirsi di doline, inghiottitoi e grotte una della quali , il Bus della Genziana è stato dichiarato Riserva speleologica. Talvolta nella doline si formano dei ristagni d'acqua, le "lame". Ma non ci sono fiumi o laghi in questo altopiano carsico e permeabile. La morfologia del Cansiglio è all'origine di un altro fenomeno particolare, quello dell'inversione termica, per cui la temperatura aumenta con l'aumentare della quota. E così accade che nel fondo del gande catino abbiamo i pascoli, più in alto i boschi di conifere e sopra le latifoglie. Tutte le radure presentano questa conformazione. Sono certamente i boschi l'attrattiva principale dell'altipiano. La grande foresta è costituita sopratutto da faggete pure, o miste ad abeti bianchi, più sporadici gli abeti rossi, i larici, le betulle. Rododendri, mirtilli, caprifogli, sorbi, sambuchi sono alcune tra le specie che costituiscono il sottobosco. Particolare è la vegetazione presente intorno alle "lame": erifori, sfagni, viole palustri, la carnivora Drosera rotundifolia. E poi nei prati, un campionario di flora alpina: genziane, soldanelle, primule, campanule, stelle alpine. E non mancano nemmeno le rarità: crescono qui specie diffuse principalmente nell'Europa orientale come Cardamine trifoglia e Doronicum orientale. Notevole anche la fauna. L'isolamento del Cansiglio, un tipico "massiccio di rifugio" per le specie durante le glaciazioni, ha dato luogo a parecchi adattamenti evolutivi, sopratutto nella fauna ipogea: sono quattordici le specie e sottospecie endemiche (cioè eslcusive) dell'altopiano. Tra i mammiferi ungulati il più numeroso è il capriolo, meno diffuso il cervo. Sono presenti anche volpi, puzzole, faine, donnole e tassi, scoiattoli, moscardini, lepri alpine e comuni, mentre sembra certa la ricomparsa della lince. Ma l'animale più appariscente del Cansiglio è lo splendido gallo cedrone, (che è rappresentato nel logo di cansiglio.it) che si trova qui insieme ad altri tetraonidi. Tra gli alberi secolari del "gran bosco" vivono uccelli rari come il picchio verde e nero e le civette nane e nidificano vari rapaci tra cui nibbi bruni, astori, gufi reali. In tutto l'avifauna conta non meno di 150 specie. Si segnala qualche raro avvistamento dell'orso.

Piancavallo

Piancavallo, apprezzato polo turistico della montagna pordenonese, è una delle principali stazioni sciistiche del Friuli Venezia Giulia. Si trova a monte di Aviano, in un'ampia conca posta a 1.300 metri di altitudine e dominata dalla superba mole del Monte Cavallo (2.251 m). Località molto frequentata da famiglie e sportivi di tutte le età, Piancavallo nasce negli anni '60 e si sviluppa rapidamente, grazie alla vicinanza alla pianura ( si raggiunge da Pordenone in meno di un'ora di macchina, da Venezia in un paio d'ore al massimo),  alla comodità delle vie di accesso e alla bellezza del paesaggio, con folta  vegetazione di alta montagna nonostante il fatto che   si trovi a  1.300 m di altitudine. Gli sciatori trovano piste moderne, il cui innevamento è assicurato dalla particolare posizione geografica della conca, protetta dal Monte Cavallo e aperta verso il mare Adriatico (che nelle giornate limpide si vede luccicare in lontananza), ma anche da impianti di innevamento artificiale che garantiscono la neve sul 100% delle piste. Le famiglie lo scelgono per godersi una vacanza divertente e sicura, garantita da una viabilità priva di attraversamenti e dalla presenza di numerosi parchi giochi per i bambini. La collocazione delle piste al riparo del Monte Cavallo, unita al funzionamento di un centinaio di cannoni snow maker, garantisce l’innevamento al 100%. Ogni sciatore può trovare risposta alle sue esigenze nei 50 ettari di piste a disposizione: si va dalle più difficili (come la Nazionale dove si sono svolte gare valide per la Coppa del Mondo, la Salomon e la Saùc, sfruttate per gare di slalom gigante) alle più facili, come la Daini e la Caprioli, adatte a bambini e inesperti. A servirle 5 seggiovie e 6 skilift, oltre alla nuovissima Tremol 2, quadriposto. Per gli amanti del fondo ci sono otto anelli,  di cui uno offre la possibilità di suggestive sciate notturne, e la  “Casa del Fondista” con annesso campo giochi sulla neve. Gli sportivi possono inoltre praticare numerose altre attività, dal pattinaggio su ghiaccio allo freestyle, dallo snowboard allo sleddog (la squadra italiana si è allenata proprio qui in preparazione del Campionato del Mondo), dal bob e allo slittino. Particolare cura è riservata alle famiglie, per le quali è stata prevista una viabilità priva di attraversamenti e molti parchi giochi. Quello di Collalto è sede anche di un percorso riservato allo snowtubing, adatto a tutte le età. Completano le attrezzature a disposizione degli sportivi il palazzo del ghiaccio (PalaPredieri) e il  Palasport inaugurato in occasione delle Universiadi 2003.

La Carnia

Ai confini orientali del Friuli e prossima al Parco Naturale delle Dolomiti Friulane, la Carnia è un piccolo territorio che cela però moltissime particolarità naturali: duemila specie vegetali, un migliaio di tipi di fungo, una cinquantina di tipi di orchidee. Una ricchezza naturale unica che si conserva per l'assenza di impattanti centri industriali e per l'attiva opera di tutela operata da enti locali ed associazioni ambientaliste. Nelle cinque valli carniche, ovvero le valli del Tagliamento, Lumiei, Degano, Valcal e del But, sono stati raccolti reperti dell'età della pietra ed è probabile che siano state attraversate dai commercianti etruschi in viaggio verso il Nord Europa. In età del ferro fu abitata dai Carni, popolazione che ha lasciato il nome alla regione, che, venuti a contatto con la civiltà romana, ne presero gli usi e le tradizioni. Con il tempo Zuglio divenne colonia militare ed anche sede del primo vescovado del Friuli, nel 490 dC. Caduto in disgrazia l'Impero Romano, la Carnia passò sotto la dominazione longobarda che, tra l'altro, spostò la sede del vescovado da Zuglio a Cevedale. In seguito il territorio, nell'ambito del Sacro Romano Impero, fu parte del Patriarcato di Aquileia, stato autonomo. Dal XIII secolo subì l'influenza veneziana. Tolmezzo si può far risalire all'anno 1000, data dei primi documenti in cui è citata la località il cui successivo sviluppo commerciale ed abitativo è dovuto al patriarca Raimondo della Torre. In tempi successivi Tolmezzo fu premiata con esenzioni fiscali e donazioni che suscitarono la reazione del resto della Carnia con scontri, incendi e rappresaglie. Scontri si verificarono anche nel XV secolo quando si fronteggiarono due fazioni: la prima guidata da Tolmezzo e Gemona a favore del Papa Gregorio XII ed un'altra fazione favorevole al patriarca. Il lungo periodo di tensioni e scontri si concluse con l'avanzata di Re Sigismondo d'Ungheria. Il nuovo invasore fu osteggiato dalla Repubblica di Venezia che nel 1421 prese possesso dei territori carnici e li divise in tre aree. Anno terribile per la Carnia fu il 1692: inondazioni violentissime distrussero strade, chiese ed edifici, cancellando intere borgate. Tali distruzioni anticiparono un periodo di sviluppo economico dovuto a Jacopo Linussio di Paularo che impiantò due fabbriche tessili, da 20.000 pezze l'anno. Il Trattato di Campoformido, 1797, consegnò la Carnia all'Impero Asburgico sotto il quale rimase fino al 1805 quando Napoleone la unì al Regno d'Italia. Con la fine dell'era napoleonica la Carnia tornò sotto la Corona austriaca nell'ambito del Regno Lombardo-Veneto. La Carnia è territorio italiano dal 1866 e presto, durante la Prima Guerra Mondiale, offrì il suo contributo al Regno subendo anche notevoli danni diretti data la sua vicinanza al fronte di guerra. I paesi principali sono Tolmezzo, Ravascletto, Forni di Sopra, Forni Avoltri, Arta Terme e Sauris : ognuno di questi ha una sua autonomia culturale che deriva da evoluzioni storiche distinte anche se nell'ambito di un percorso dalle linee guida comuni. Oltre alle testimonianze artistiche sono i fattori culturali che rimangono negli usi della gente ad evidenziare la specificità delle diverse aree, a cominciare dalla gastronomia. Anche per questo in ogni paese rimangono testimonianze artistiche: palazzi, affreschi e chiese risalenti anche al XIII secolo. Particolarmente ricca è la zona di Ampezzo, Enemonzo e Tolmezzo. A Tolmezzo meritano il Duomo del XVIII secolo, il castello di Torre Picotta e vari palazzi che testimoniano l'importanza del paese nella storia. Non solo negli edifici, ma anche nelle tradizioni delle genti carniche rimangono tracce di un passato così vario che rivive nelle manifestazioni che rivisitano episodi significativi o momenti di vita quotidiana del passato. Infine sono numerosi i musei nell'intera area: da quelli etnografici, ai naturalistici, alle pinacoteche ed al Museo della Grande Guerra a Timau uniti ai siti archeologici di Zuglio.

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