Parco delle Risorgive di Codroipo
Nel punto di incontro tra alta e bassa pianura, e cioè nel punto di incontro tra terreno permeabile ed impermeabile, le acque, accumulatesi nelle falde acquifere sotterranee riaffiorano, dando origine ad una fascia di terra (la cui estensione può variare dai 2 ai 30 km) chiamata linea o fascia delle risorgive. Lungo tale linea si trovano tutti i punti in cui l'acqua risale in superficie dando luogo alle risorgive o fontanili. Queste acque hanno caratteristiche particolari: una temperatura di 9-12 gradi ed una portata costante, durante tutte le stagioni, di circa 65 m3 al secondo; sono acque limpide e potabili e spesso ricche di sostanze minerali.
Tali peculiarità determinano un ambiente umido caratterizzato da corsi d'acqua, rogge, rivi, boschetti ripariali (di riva) e, ormai rari, lembi di boschi planiziali e torbiere. Oggi il paesaggio delle risorgive è stato quasi completamente bonificato; rimane traccia di questi ambienti in aree ristrette della regione, come quella a sud del comune di Codroipo dove, proprio per tutelare questa zona naturale umida di grandissimo valore e biodiversità, nel 1983 è sorto Parco delle Risorgive che si estende per circa 45 ettari.
Qui, scorrendo sulla parte impermeabile del sottosuolo, le acque raccolte nell'alta pianura e nella zona pedemontana riaffiorano da fontanili (cavità dal contorno irregolare), lame (bassure paludose), olle (pozze artesiane) e bollidori (scavi artificiali rivestiti da graticci). In seguito ad una canalizzazione operata negli anni Venti dello scorso secolo, sono state scavate altre rogge, più ampie, su cui si affacciano quattro mulini dei ventidue originari.
Tutte queste emergenze d'acqua vanno a formare una serie di canali paralleli: l'Aghe Reàl (Acqua Reale), l'Aghe Blancje (Acqua Bianca), l'Aghe Lusinte (Acqua Lucente), l'Aghe Nere (Acqua Nera). Queste acque, assieme a quelle della Roggia di San Odorico, convergono in un unico corso confluente nel torrente Corno e quest'ultimo nel fiume Stella.
Il parco custodisce varietà vegetali endemiche, cioè tipiche della zona e limitate ad un ristretto areale, come il fiordaliso del Friuli (Centaurea forojuliensis) e il cavolo di palude (Ecastrum palustre), simbolo dell'intera zona delle risorgive, la genziana alata e varie specie di orchidee
Vicino ai corsi d'acqua si distinguono l'ontano nero, il pioppo nero, il pioppo bianco e il salice argenteo, mentre nelle zone più asciutte si possono ammirare alberi di quercia, olmo campestre e acero. Il "molinieto" (così viene chiamata la fascia più esterna delle depressioni sorgentifere) ospita invece una serie di graminacee, fra le quali spiccano i grossi ceppi del giunco nero.
Ma le rarità botaniche di questi luoghi si nascondono nelle vicinanze delle olle di risorgiva che, mantenendo fresco l'ambiente circostante, consentono la sopravvivenza di numerose piante alpine che vi hanno trovato rifugio dalle ultime glaciazioni. Tra queste ci sono la pinguicola e la drosera, due piccole piante carnivore che si cibano di piccole formiche e moscerini.
Molte le specie animali che popolano quest'area: si possono infatti intravedere volpi, lepri, caprioli e scoiattoli, mentre i boschetti offrono riparo a ghiandaie e ai picchi rossi, che nidificano all'interno delle cavità degli alberi, ma non mancano neppure i rapaci come la poiana e lo sparviero.
Il poeta Amedeo Giacomini ha descritto il parco delle risorgive come "una stupenda miniera di verde e di fiori, un unicum ecologico". Ed infatti quest'oasi naturalistica, venata da sentieri e strade sterrate, è di estremo valore per tutta la regione, poiché offre la possibilità ai visitatori di ritrovare paesaggi altrove scomparsi e di ammirare come fosse nel passato questa splendida terra friulana.
Ai margini della zona boschiva, lungo la roggia di San Odorico si susseguono alcuni mulini che testimoniano la passata civiltà contadina, basata sullo sfruttamento della terra e dei corsi d'acqua. Gli edifici in gran parte risalenti al XVI secolo, ma sostanzialmente rimaneggiati nei secoli successivi, ora sono purtroppo in gran parte alterati nella forma e nelle funzioni.
Questa roggia è stata uno dei primi canali artificiali realizzati dall'uomo ancor prima del XI secolo prelevando l'acqua dal fiume Tagliamento; l'accelerazione dell'acqua serviva al centro abitato, ma soprattutto forniva forza motrice ai molini lungo essa dislocati.
Oggi, dei 22 molini originari, su questa roggia se ne affacciano solo 4 e l'unico in funzione è quello di Bert-Zoratto che dal 1400, oltre al tradizionale lavoro della macina (dai cereali provenienti da agricoltura biologica locale si ottengono farine integrali per polenta macinate a pietra e raffinate, farine per la panificazione di grano duro, grano tenero e farro) esegue, unico in Italia, la battitura dello stoccafisso attraverso l'antichissimo sistema del pestello di lino.
Sempre lungo la roggia di San Odorico (vicino alla zona del parcheggio) è possibile visitare un altro sito storico di grande importanza: i resti di un castelliere, uno di quei piccoli insediamenti fortificati che sorsero tra il XV e il III secolo a.C. in Istria, per espandersi successivamente in Friuli, Venezia Giulia, Dalmazia, Veneto e zone limitrofe; la "civiltà dei castellieri" durò oltre un millennio (dal XV al III secolo a.C. circa) ed ebbe termine solo con la conquista romana.
Erano dei borghi fortificati, generalmente situati su montagne e colline o, più raramente, in pianura (Friuli sud-orientale), e costituiti da una o più cinte murarie concentriche, dalla forma rotonda, ellittica (Istria e Venezia Giulia), o quadrangolare (Friuli), all'interno delle quali si sviluppava l'abitato. Va rilevato che lo spessore delle mura poteva raggiungere anche i quattro o i cinque metri, mentre per quanto riguarda l'altezza questa era generalmente compresa fra i cinque e i sette metri. Erano dunque delle cinte piuttosto massicce il cui perimetro poteva misurare anche due o tre chilometri. La tecnica costruttiva era "a sacco": venivano edificati due muri paralleli costituiti da grandi blocchi di pietra e riempiti, nello spazio interno, da piccole pietre, terra ed altri materiali residuali. Le case di abitazione, generalmente di modeste dimensioni e dalla forma circolare (spesso a trullo), avevano una base di pietra calcarea o arenaria e per il resto erano costruite con materiali deperibili, soprattutto legno.